Che cos’è la vita se non un percorso, lungo il quale cercare di cogliere momenti di serenità, spensieratezza e persino felicità?
L’esistenza di ognuno di noi è fatta di tante piccole cose capaci, nel tempo, di riempirci il cuore di bei ricordi: è fatta di momenti trascorsi insieme alla propria famiglia e alle persone che amiamo, cercando il più possibile di regalarci del tempo di qualità, gustandoci ciò che ogni giornata può offrirci.
Cose semplici, ma che sanno dare valore alla nostra quotidianità, come una passeggiata in riva al mare, una festa di compleanno… una cena al ristorante.
Piccole cose che, invero, non sono alla portata di tutti: come nella disabilità.
Un training… per vivere!
Per mio figlio Giuliano sin dall’età di tre anni abbiamo scelto di seguire l’ABA, ed è proprio dalle tecniche di questa scienza che abbiamo attinto le risorse per fare un training che permettesse a me e mio marito di andare a cena al ristorante con nostro figlio.
Giuliano, con un autismo derivato da una malattia genetica rara, caratterizzato da ritardo cognitivo severo, è particolarmente sensibile alle sovra stimolazioni sensoriali: non riesce a stare in un ambiente caotico, pieno di luci, rumoroso, dove le persone si muovono continuamente e velocemente…come quello di un ristorante.
<<Nessun problema: non lo faremo!>>: il ristorante, in fondo, è stato per molto tempo una delle cose a cui abbiamo detto “mai più”, e d’altronde non era nemmeno la più preziosa per noi.
Ma sono i lunghi anni di privazioni e rinunce, insieme alla confidenza che man mano si acquista con l’autismo, che ti fanno venir voglia e bisogno di riascoltare il richiamo alle esperienze che, prima della disabilità, ti piaceva fare.
Ed è stato così che è rinato dentro di noi quel bisogno di trovare una via, un modo per vivere la vita che ci è toccata al meglio, senza farci andare tutto di traverso, senza vedere davanti a noi sempre e solo il muro del “no”.
Ma spetta solo a te, decidere di provare a riprenderti ciò che sai essere difficile, ma non impossibile per la tua condizione.
<<E se non ce la faccio?>>…ci avrai almeno provato.

Il nostro training
Nel nostro immaginario di famiglia, ci sarebbe piaciuto molto andare al ristorante a farci coccolare di tanto in tanto. Nelle lunghe serate invernali, o d’estate all’aperto, oggi, come pensandoci in là con gli anni, con Giuliano sempre con noi.
Fortemente titubanti date le difficoltà di nostro figlio, l’entusiasmo del nostro supervisore Aba ha fatto sì che, due anni fa, decidessimo comunque di buttarci in questa nuova avventura, con il training di cui ti sto per parlare.
A tal proposito, ti ricordo come ogni procedura per il cambiamento comportamentale sia disegnata attorno al singolo bambino e alle sue caratteristiche: sai già, quindi, che questo training non costituisce garanzia di riuscita anche per tuo figlio ma che, piuttosto, può darti un importante spunto per iniziare ad affrontare situazioni simili.
Cosa serve per iniziare?
Scegli un ristorante dove fare il tuo training: un luogo che ritieni adatto a tuo figlio e nel quale anche tu ti senta a tuo agio, anche quando dovrai affrontare i momenti di difficoltà che inevitabilmente ci saranno.
Ti do un consiglio: una volta individuato il ristorante, parla del tuo progetto al titolare e cerca la sua collaborazione: ti stupirai nello scoprire come le persone si entusiasmino nel sentirsi parte di qualcosa di grande ed importante per un bambino.

Noi siamo stati super fortunati: il ristoratore è un nostro carissimo amico, ed il personale delle splendide persone. Invero, noi abbiamo anche un’esigenza alimentare particolare, ovverosia la necessità di portarci del cibo da casa da cuocere lì per mio figlio che, malato metabolico, deve seguire una rigida dieta aproteica.
Ma ti assicuro che, quando per la “generalizzazione del comportamento acquisito” siamo andati in altri ristoranti, abbiamo sempre trovato una disponibilità e un’accoglienza speciali ad incontrare ogni nostra esigenza.
Cos’altro serve?
Uno o più rinforzatori, ovverosia il motivo per cui tuo figlio debba farsi piacere quell’ambiente a lui così ostile!
Nel nostro caso i rinforzi sono l’avere accesso ad internet col suo tablet e una porzione di patate fritte: Giuliano sa che queste due cose le avrà solo e soltanto in questa occasione.
Porta con te anche altre cose che pensi saranno gradite a tuo figlio per intrattenersi, perché alla fine sarà lui a dirti cosa gli piace fare al ristorante… proprio come fanno tutti gli altri bambini.
Altre indicazioni?
Per questo come per ogni training serve un orologio per controllare il tempo trascorso e… costanza, costanza e costanza! Sì perché va fatto con regolarità e con cadenza – almeno – settimanale!
Specialmente all’inizio, poi, ti consiglio di andare al ristorante molto presto, in modo da evitare la confusione, e di scegliere un tavolo in un angolo che dia a tuo figlio la visuale della sala, senza essere “circondato” dalle altre persone.
Dopo che sarai riuscito a consumare una cena intera al ristorante, il lavoro successivo è quello di generalizzare il comportamento acquisito, cambiando prima il tavolo scelto, poi l’orario ed infine il ristorante.

Step by step verso la meta: primo giorno.
10 minuti in cui ti siedi ad un tavolo apparecchiato e ti fai portare da bere (qualcosa che piaccia a tuo figlio, nel caso di Giuliano acqua gassata!).
In questo tempo tuo figlio può restare seduto o alzarsi liberamente per esplorare la sala.
Quando è seduto al tavolo deve avere libero accesso al suo rinforzo.
Solo quando sarà finito il tempo e lui sarà tranquillo, potrete andare via. Se, invece, finito il tempo tuo figlio si starà lamentando o piangendo, resta lì ignorandolo: potrete andarvene solo dopo che si sarà calmato.
<<Se urla e ci guardano tutti?>>
Molti bambini neurotipici urlano, corrono tra i tavoli, disturbano e alcuni non mancano persino di essere maleducati al pubblico: non fare l’errore di pretendere che proprio tuo figlio disabile sia addirittura più bravo e composto degli altri.
Piange? Urla? Si butta per terra? È solo un bambino che fa i capricci! È questa l’ottica nella quale devi entrare.
E comunque te lo garantisco: finito il training, sarà proprio tuo figlio con le sue difficoltà a dare l’esempio agli altri di come si sta al ristorante!

Secondo giorno e poi…
Secondo giorno. Al ristorante sempre per 10 minuti, accompagnandolo subito al tavolo e lasciandogli una minor libertà di alzarsi e gironzolare per la sala.
Il tavolo deve sempre essere apparecchiato e con le bevande a disposizione.
Terzo giorno. Allunga i tempi a 20 minuti. Stavolta ti fai portare al tavolo anche qualcosa da mangiare che possa piacere a tuo figlio.
Ricordo che noi chiamammo in anticipo il ristorante per farci cuocere una mezza porzione di patate fritte (il suo rinforzo): se avessimo dovuto ordinarle all’arrivo non saremmo riusciti a mangiarle durante il tempo concesso dal training.
Quarta volta e via di seguito. Allunga i tempi di 20 minuti, fino ad arrivare il tempo in cui potrete fare una cena o un pranzo.
Il tempo massimo? Nessuno può dirtelo, devi essere tu a capire quanto tuo figlio riesca a resistere senza superare il suo limite oltre il quale emetterà dei comportamenti problema.
Non dimenticare, infatti, che il fatto che tuo figlio impari a restare tranquillo per il tempo di una cena, non significa che quell’ambiente non continui ad essergli naturalmente ostile.
A fine cena, appunto, tuo figlio sarà stanco: ecco perché va rinforzato per tutto il tempo e non va abusata la sua capacità di adattamento, perché ciò che per te è svago per lui è fatica.

Quale vittoria?
Riappropriarsi di un altro pezzo di libertà e di vita.
Uscire dall’isolamento delle nostre difficili case per stare in mezzo agli altri.
Spezzare una routine che quasi sempre ti stritola e ti toglie ogni entusiasmo.
Concedersi di farsi coccolare a tavola, seduti e serviti per una volta.
Condividere con tuo figlio un’esperienza che prima ti potevi concedere solo senza la sua presenza.
Sentirsi una famiglia come le altre.
Giuliano? Ci concede un’ora di tempo: quanto basta per una pizza, una bottiglia di vino, le sue patatine fritte e… una bella fetta di torta al sapore di normalità.