Sono mesi che non scrivo.
Sono mesi che non riesco a sedermi davanti a questo vecchio, lento e superato pc: coi miei “occhiali da vicino” che, dicono, “dopo i quaranta è normale”; con la coperta di pile sulle gambe, la stessa degli anni universitari, che sfinita dal tempo è l’unica a darmi il calore che cerco nei momenti introspettivi.

Sono mesi che non riesco a rintanarmi in questa stanza che, se nel progetto iniziale doveva essere una taverna piena di vita, ora è un vero e proprio ripostiglio in cui, prima o poi, tutte le cose finiscono… compresa me!

Da mesi, ormai, non ho più avuto modo di restare sola con me stessa e permettere alla mia mente di ritrovare il suo fluire logico, alle mie emozioni di avere una libera via d’uscita, al caos quotidiano di lasciare il posto ad un silenzio ristoratore.

Dopo tanto tempo, quindi, divisa tra la voglia di raccontare, il bisogno di liberarmi, la paura di ripercorrere vissuti che vorrei al contempo dimenticare ed il desiderio di guardare oltre… oggi ho trovato il coraggio ed il piacere di sedermi di nuovo e scrivere!

I veri eroi

Il mio silenzio nasce da un lungo periodo in cui la malattia di Giuliano, affetto da una Mme, lo ha colpito duramente e ripetutamente, in cui non so più contare quanti ricoveri abbiamo fatto.
Una malattia subdola e perfida che, in pochi mesi, lo ha costretto alla Peg (gastrostomia endoscopica percutanea), lo ha visto lottare per la vita in terapia intensiva e poi svegliarsi senza più riuscire a camminare… che lo ha trasformato in un lottatore.

I nostri figli, loro sì che sono eroi: di fronte ad ogni prova mio figlio non ha mai smesso di rialzarsi, tornare a sorridere e riprendersi ogni cosa ha potuto, giorno dopo giorno…
Loro sono i veri guerrieri, non noi genitori, come purtroppo spesso ci definiscono o ci auto definiamo: noi facciamo solo il nostro dovere, di restare accanto ai nostri figli aiutandoli per quello che possiamo.

L’altalena della vita

Con mio figlio non possiamo dire di aver superato questa situazione precaria: la sensazione è quella di vivere su un’altalena vertiginosa che non sai comandare, né sai chi altri sà farlo per te.
E cosa fai? Aspetti paziente che l’energia cinetica perda la sua forza e che, nel tuo restare immobile e saldo, prenda il sopravvento quella gravitazionale, a far finire questo insopportabile oscillare.

Ma anche nelle situazioni più difficili c’è vitalità, e forse di più.

Tu cosa fai?

Se non ti fermi a oggi ma sei capace di guardare con speranza all’indomani, se dai voce all’istinto di sopravvivenza che ti porta a trovare un equilibrio tra accettazione e soluzione, se non cedi al panico ma ti fai più razionale che mai… ce la puoi fare!
Sai perché? Perché quando la morte non ti prende, la vita chiama forte… e quella minuscola fiamma, sepolta sotto le macerie di una quotidianità difficile riprende vita.

E chi ti insegna tutto questo, col suo esempio, non devi andare a cercarlo lontano: è proprio tuo figlio, ogni istante della sua vita, col suo sorriso e la sua tenacia nonostante tutto. Non ti serve altro per imparare la vita se non osservare lui, combattere e lottare per ciò che è suo fino all’ultimo colpo di spada, come fanno gli eroi.

Quando la vita chiama puoi fare solo una cosa: risponderle con la stessa tenacia e voglia di farcela di tuo figlio, sempre.

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