Approcciarmi a questo argomento mi è sempre emotivamente difficile: significa dover ricordare a me stessa che per la malattia di mio figlio Giuliano non c’è cura.
Anzi, per dirla tutta, riguardo la sua patologia (Acidemia Metilmalonica), non c’è nessuno studio attivo, nessuna ricerca, nessuna sperimentazione in atto. E questo pensiero non è sicuramente confortante, né tantomeno lascia spazio a sentimenti di speranza verso i progressi della scienza.
Quando una cura non esiste, l’unica cosa che puoi fare è tentare di contrastare gli effetti di una malattia che la fa da padrona, che ti costringe a giocare con tutte le tue forze in difesa, senza mollare un attimo, senza mai abbassare la guardia… anche se intorno a te tutti ti dicono che, prima o poi, il goal avversario arriverà.
Una cura definitiva non esiste
Per chi è affetto da una Malattia Metabolica Ereditaria, purtroppo, ad oggi non esiste una cura definitiva: da una MME non si guarisce.
La “cura” che viene messa in atto in queste condizioni, quindi, consiste in trattamenti terapeutici volti a ripristinare e/o mantenere un equilibrio organico in presenza di una malattia che, non potendo essere contrastata e debellata definitivamente, produrrà comunque nel tempo i suoi effetti.
Trattamenti terapeutici
Chi è affetto da una MME è costretto a trattamenti terapeutici cui sottoporsi per tutta la vita.
La maggior parte delle patologie metaboliche sono trattabili seguendo una dieta ferrea dalla quale vanno eliminati gli alimenti che causano i metaboliti interessati dal blocco enzimatico: per Giuliano, ad esempio, sono vietati gli alimenti che contengono proteine (per approfondimenti su cosa siano le MME, clicca qui).
Alla dieta, ovviamente, vanno associati tutta una serie di farmaci che, da un lato, aiutino l’organismo a depurarsi (dalle sostanze tossiche che si accumulano per via della carenza enzimatica), e dall’altro, che sostengano l’organismo stesso (privato di alcuni alimenti necessari al suo corretto funzionamento).
Molti, purtroppo, sono farmaci orfani: prodotti farmaceutici che nessuno produce e che quindi non sono presenti sul mercato farmaceutico.
Il motivo della loro assenza in commercio? Sono farmaci poco remunerativi per le case farmaceutiche.
Tra il dire e il fare?
La gestione dei pazienti affetti da MME è tutt’altro che semplice, in particolare quando si tratta di bambini.
La dieta e la somministrazione dei farmaci deve essere seguita scrupolosamente, nella quantità e negli orari tassativamente indicati dai medici.
Nella vita concreta questo significa che non ci sono giorni di festa, occasioni particolari, eccezioni che possano prevalere su una vita in cui conta l’orologio per le medicine e la bilancia per alimenti.
Nella malattia metabolica di mio figlio ad esempio, l’organismo non sopporta un digiuno prolungato oltre un tot ore, variabile da persona a persona.
Molti bambini, quindi, vanno necessariamente alimentati anche di notte: vanno svegliati, “convinti” a mangiare (spesso alimenti poco appetibili a quell’ora di notte) e poi fatti riaddormentare.
La dieta cui mi riferisco non è mai approssimativa: a volte prevede l’esclusione totale di determinati alimenti, altre volte la loro somministrazione “obbligata” in un determinato quantitativo. Questo perché se da un lato alcuni alimenti vanno ad intossicare e danneggiare l’organismo, dall’altro lato sono comunque indispensabili per vivere.
Sai cosa significa questo? Che nelle “diete al grammo” non si può sgarrare né in eccesso, né in difetto.
E ti assicuro che non è proprio semplice far sì che un bambino mangi ogni giorno la stessa quantità e varietà di cibo: in estate, in inverno, se ha mal di testa, se ha sonno, se ha mal di pancia, se ha la febbre, se non ne ha voglia.
Non esiste la possibilità di sottrarsi a queste prescrizioni: se lo si fa, l’equilibrio metabolico salta e una crisi metabolica può portare a gravissime conseguenze fino al pericolo concreto di vita.
Io credo di interpretare il pensiero di ogni mamma che si trova a vivere con queste restrizioni alimentari, se vi dico che ci si sveglia la mattina pensando “speriamo che oggi mangi tutto e che non vomiti” e si va a letto la sera pensando “per oggi è andata bene”.
Terapie sperimentali e prospettive di cura
Per alcune (pochissime) malattie metaboliche si stanno mettendo in atto nuove terapie ancora in corso di sperimentazione, quali le terapie enzimatiche sostitutive, i trapianti d’organo e le terapie geniche.
Data la loro applicazione limitata ed in via del tutto sperimentale, invero, non si hanno dati relativi alla loro reale efficacia nel lungo periodo, pur costituendo ad oggi la miglior risposta possibile per alcune specifiche forme di malattie metaboliche. (Per un approfondimento sul futuro delle MME clicca qui)
La terapia enzimatica sostitutiva, quale approccio promettente per alcune malattie genetiche, consiste nell’infusione endovenosa dell’enzima che il corpo non produce. Seppure incapace di curare la malattia metabolica di base, tale terapia sarebbe comunque in grado di controllarne i sintomi, con non pochi benefici per il paziente.
I trapianti d’organo (fegato, rene, midollo,..), di epatociti o di cellule staminali, anch’essi lontani dall’essere una cura definitiva della patologia metabolica, hanno mostrato nel tempo di migliorare la qualità della vita dei pazienti e, soprattutto, la prognosi in età adulta.
Invero, l’unica possibilità di una cura definitiva per queste patologie ad oggi risiede nella ricerca che si sta svolgendo attorno alla terapia genica. Questa terapia, possibile solo se si conosce il difetto genetico da correggere, consiste nel trasferimento di geni sani in una cellula malata allo scopo di curare proprio quelle malattie (come le MME) causate dall’assenza o dal difetto dei geni interessati.
Nel frattempo…
Sarò franca. Seppur la ricerca faccia il suo corso, non vi è alcuno studio nè alcuna sperimentazione riguardante la malattia di mio figlio, e di conseguenza non nutro alcuna realistica speranza che si possa trovare una cura per lui nel prossimo futuro.
Da persona concreta quale sono, questa consapevolezza mi impedisce di aggrapparmi a chissà quale illusoria aspettativa… ma mi protegge anche da profonde delusioni.
Questo non significa lasciarsi andare, tutt’altro.
Nel frattempo che la scienza fa progressi, che la malattia fa il suo corso, che i giorni scorrono tra buoni e meno buoni, tra un’alzataccia per le medicine e la colazione di Giuliano, anche quando si è passata la notte in bianco, e un calcolo di proteine e calorie per mantenere in equilibrio il metabolismo… nel frattempo, che si fa?
Si vive. Questa è la mia risposta a gran voce!
Di una vita piena, fatta di gocce di allegria e bei momenti da riconoscere e da non offuscare con i “se” e con i “ma”… i giorni buoni sono quelli di cui essere grati alla vita e nei quali trovare, comunque e nonostante tutto, momenti di pura felicità.