Mio figlio è un bambino dolcissimo, sempre sorridente, dal passo lento se non agitato, dallo sguardo apparentemente distratto, alla ricerca di un sasso da raccogliere o di un abbraccio che deve dare a tutti i costi: si defila dal rumore lui, dalle luci, dalla presenza di più persone… si tappa le orecchie, fa i suoi urletti di disappunto o di compiacimento, e se ne va per la sua strada guidato dalla volontà di un istante.
Mio figlio è un bimbo con una disabilità dovuta alla malattia rara di cui è affetto e dalla quale è derivato un ritardo cognitivo grave, rientrante nello spettro autistico.
Cosa significa questo?
Che le relazioni con gli altri si fanno complicatissime dal momento in cui ha una capacità di comprensione della comunicazione verbale limitata, lui stesso non comunica verbalmente, non ricerca l’altro da sé per scopi sociali o ludici o di mera compagnia e, pur volendo, non riesce a fare la maggior parte delle cose che fanno gli altri bimbi della sua età.

Quello stare insieme che origina il sentimento
Mio figlio Giuliano, che ha 8 anni e frequenta il secondo anno della scuola primaria, per esigenze di salute non può stare in classe insieme ai suoi compagni ogni giorno e, in ogni caso, quando gli è possibile farlo, si trattiene con loro per brevi momenti della mattinata.
Se è vero che, in questo modo, Giuliano è penalizzato nell’avere la possibilità di rapportarsi con gli altri bambini, dall’altro lato questo fa sì che, in queste occasioni, vi sia una maggior attenzione da parte di tutti proprio nei suoi confronti. In questi momenti sono le maestre a coinvolgere Giuliano in ogni attività e a lasciare che i suoi compagni di classe si rapportino con lui a turno, con lo scopo di favorire una relazione individuale e, quindi, più intensa tra di loro.
È in questo seppur breve lasso di tempo che, chi ha un cuore educato ad essere aperto all’altro, coglie il seme di ciò che, per primo, è capace di creare un legame: il sentimento.

Il sentimento
Il sentimento? Sì, quel qualcosa più duraturo di un’emozione e meno travolgente di una passione, ovverosia l’affetto che nasce tra le persone.
Se nelle relazioni con gli altri mio figlio è fortemente limitato, al di là del pregiudizio che ancora persiste in chi si trova nello spettro autistico, non lo è affatto nei sentimenti.
Giuliano è un bambino trasparente, che per la sua condizione non riesce a celare nulla… e se in quel momento ha bisogno o voglia di baciarti non lo fermerà il fatto che tu lo respinga, come il contrario.
È un bambino molto dolce lui, che ti sorprende coi suoi sguardi rapidi o a volte penetranti, con le sue risate sonore o col suo vociare dalla gioia come dalla rabbia, e che persino nel suo continuo muoversi non smette mai di parlarti di sé, di come si sente e di come interiorizza la persona che ha di fronte.
Giuliano è un bambino dai forti sentimenti, di fronte ai quali non si può restare neutri ma si è costretti a risponderne con altri, altrettanto forti, sia nel bene che nel male.

L’affetto nei gesti di amicizia
Giuliano non avrà mai un amico.
Parole come confidenza, dialogo, confronto, condivisione, reciprocità, gli sono del tutto sconosciute.
Le difficoltà di arrivare agli altri, fosse anche solo quella di comunicare e di essere limitato dalle sue particolari esigenze, gli impediscono di avere “compagni di gioco” che lo cerchino e che ne desiderino la sua compagnia tanto da chiederla.
Ma il suo modo di mostrarti prepotente il suo affetto, l’essere capace di emozioni forti e gesti spontanei che non concede a tutti indistintamente, lo rendono capace di stupirti ed inorgoglirti così tanto da rendere ogni suo gesto un tonfo al cuore che non riesci a dimenticare.
I suoi compagni di scuola lo hanno capito mio figlio, e non sono mancati nel rivolgergli chiari segni di affetto, nel dimostrargli di riconoscerlo parte della classe e, seppur non amicizia vera e propria, nel dedicargli gesti di amicizia.

Un’occasione
Una mattina a scuola, la maestra chiede agli alunni di scrivere dei biglietti di amicizia da consegnare ognuno a chi avesse voluto.
Un gesto spontaneo, significativo e per niente scontato, che è arrivato anche a mio figlio!
<<Sei molto gentile>>
<<Giuliano ti voglio bene e io ci lavoro con te>>
<<Giuli sei bravissimo>>
<<Sei divertente Giuliano>>
<<Sei molto bravo e gentile>>
<<Giuli tu sei un amico speciale>>
Bambini che hanno alimentato, nonostante la diversità e gli ostacoli, un sentimento di affetto trasformandolo in un concreto gesto di amicizia.

Io credo che…
Io credo che dietro i segni di affetto spontaneo di questi bambini ci sia una sensibilità, un’accoglienza verso l’altro da sé, un’apertura alla vita e una preparazione alla diversità che nasce dalla famiglia.
Io credo che sia fondamentale il lavoro delle maestre che, per prime, accolgono Giuliano come parte arricchente e fondamentale della classe, tanto da far sì che ogni diversità sia vissuta e sentita dai bambini come semplice possibilità.
Io credo che mio figlio sia di una fragilità, una caparbietà, una vitalità ed una dolcezza tali da conquistare gli occhi ed il cuore di chi ha la pazienza e la voglia di guardarlo per quello che è: un bambino.