Nella prima parte dell’articolo ho parlato di come l’ingresso a scuola di un bambino disabile vada preparato per tempo, da un lato chiedendo e battendosi per i diritti che gli spettano, e dall’altro collaborando concretamente con le insegnanti per tutto ciò che è nelle proprie possibilità.
Purtroppo però questo non basterà a garantire un ingresso a scuola che sia, al pari degli altri bambini normo dotati, un momento di accoglienza, educazione, integrazione e preziosa crescita per tutti.

Dopo di che… è questione di fortuna

Il disabile è alunno della classe e di tutte le sue insegnanti, non solo della maestra di sostegno.
Perché se è vero che nel rapporto “uno a uno” l’insegnamento di un bambino disabile è demandato alla sua maestra di sostengo, è anche vero che per tutto il resto è necessaria la collaborazione piena ed effettiva di tutte le insegnanti.

Se attuato in un clima di disponibilità e cooperazione vera, infatti, solo con il personale e prezioso contributo di ogni maestra si realizza la tanto sperata e fruttuosa integrazione dell’alunno disabile.
Ed io sono stata molto fortunata… almeno in questo sì!

Questo principio, spesso solo sulla carta, mi è apparso concreto e reale già dal primo incontro avuto con tutte loro.

La scuola non è fatta dalle mura, dalle circolari, dalle ore di scuola e dal numero di attività proposte agli alunni. Questo è quello che vediamo dal di fuori, che attira o che respinge… ma che nulla c’entra con il reale valore di ciò che si fa in quella scuola.
E trovare una scuola in cui tutto il personale che ruota intorno a tuo figlio lavora con passione e con motivazione, crede nell’ascolto del genitore, nella collaborazione con le altre figure professionali che ti seguono (dallo psicologo che segue Giuliano alle sue educatrici), ed ha un sincero amore ed interesse per la crescita di tutti i bambini, nessuno escluso… purtroppo è solo questione di fortuna.

lettera g con un bambino stilizzato di fianco

Giuliano a scuola

Accompagnare a scuola Giuliano, vi giuro, è meraviglioso!

Le collaboratrici scolastiche (coloro che ai miei tempi si chiamavano bidelle) fanno a gara per farsi dare un bacino, abbracciarlo o accompagnarlo nella sua stanza. Appena arriva a scuola sono loro le prime persone che Giuliano cerca, e nel trovarle gli si illumina il viso di un dolcissimo sorriso ogni volta.

Poi ci sono le maestre che lo salutano sin da lontano per catturare la sua attenzione, e che appena possono, se non lo hanno visto lavorare in classe durante la loro ora, lo vanno a cercare per salutarlo e passare un po’ di tempo con lui… e perché no, prendersi qualche coccola anche loro! Giuliano è molto affezionato alle sue maestre ed è per questo che regala loro baci e abbracci che, si badi bene, non dispensa a chiunque.

E poi i compagni di classe, che entrano correndo e che lo salutano ogni volta con un sonoro “ciao Giuliano” nonostante non avranno tempo di vedere il suo saluto con la mano che arriverà con i suoi tempi.
Insomma… c’è da piangere di gioia ogni volta.

Lavorare per l’inclusione

Credono molto nell’integrazione le maestre di Giuliano… e anche se dovrebbe essere un credo comune ad ogni insegnante, purtroppo non sempre è così.
Grazie a questa volontà, mio figlio ha avuto occasione non solo di partecipare alla vita di classe, ma anche di lavorare con un compagno alla volta.
Questo ha permesso di mettere le basi per creare la relazione con gli altri bambini, facendo sì che Giuliano da un lato si lasci avvicinare dai suoi compagni, e dall’altro che questi si sentano parte del suo mondo… un mondo senza parole (Giuliano non parla) ma che non necessariamente significa impossibilità di comunicare.

Difatti, timorosi e allo stesso tempo incuriositi ed emozionati all’inizio di questo lavoro, i suoi compagni di classe hanno imparato a conoscere Giuliano ed il suo particolare modo di essere e di esprimersi, mostrando col tempo di accoglierlo, accettarlo e ritenerlo parte della classe.
Guai a chi gli occupa il banco in sua assenza, ed ogni mattina vogliono conoscere se lui è presente o meno a scuola!

Un episodio dice molto più di mille parole.
Un compagno di classe di mio figlio, reduce insieme agli altri di un richiamo al silenzio, di fronte ad un “urlo” di Giuliano, non ha esitato a prendere le sue difese dicendo alla maestra <<A Giuliano maestra però non gli diciamo niente se urla, perché lui lo fa solo per un attimo ma poi sta subito tranquillo>>.
Non sai quanto ho fantasticato, pianto e sperato che la vita regali altri episodi come questo a mio figlio.
Perché questo è il seme dell’inclusione, che sognavo ma che non avrei mai osato sperare.

tre pesci blu tristi vanno a destra mentre un pesce colorato sorride e va a sinistra

L’insegnante di sostegno

Di solito sono ragazze precarie, impreparate alle disabilità cui sono demandate e, di conseguenza, desiderose di lasciare il prima possibile quel ruolo così difficile e poco riconosciuto… mentre non comprendono l’enorme valore del loro lavoro, per il bimbo che hanno in cura, per il suo futuro, e per le famiglie.
Ma tra di loro, molte fanno eccezione a questa “triste regola”. Anche in questo siamo stati fortunati.

La maestra di sostegno assegnata a Giuliano è una “perla rara”.
Lavora sodo lei, con impegno, dedizione ed amore per i bambini, come fossero fiori delicati da proteggere affinché fioriscano per quanto è nelle loro possibilità.
Ha accettato questo incarico nonostante esso comprenda anche il progetto “scuola in ospedale”, e quindi la possibilità di lasciare il “luogo protetto” della scuola per venire a casa ogni qualvolta se ne presenti la necessità. E non è cosa facile e scontata per chi dovrebbe lavorare a scuola, con il supporto e l’aiuto delle altre insegnanti oltre a quello delle collaboratrici scolastiche.

Inoltre, nonostante il suo ruolo istituzionale non le imponga null’altro che il suo lavoro di insegnante sulla base della sua personale formazione, lei ha fatto molto di più: si è messa a completa disposizione della nostra famiglia e delle scelte riabilitative fatte negli anni, per il bene di Giuliano.
Non era tenuta a farlo… eppure ha deciso di imparare il metodo Aba che seguiamo ormai da anni, confrontandosi costantemente anche fuori orario scolastico con noi genitori, con le educatrici di riferimento, i terapisti e l’intera équipe di medici che ci seguono in questo particolare percorso.

Non bisogna fare di tutta un’erba un fascio… perché a volte le persone che svolgono con sincera dedizione ed amore il loro lavoro si incontrano nella vita.
E almeno per quest’anno sì, ho incontrato delle persone meravigliose che hanno fatto sì che questi mesi fossero pieni di accoglienza, lavoro, inclusione, amore per mio figlio.

bimbi stilizzati intorno a una lavagna a forma di nuvola con scritto never stop learning

La scuola nella maggior parte dei casi

Sono consapevole di essere stata molto fortunata quest’anno.
Serena di aver “forzato” dove potevo e di aver “deposto le armi” dove non sarei mai potuta arrivare… ma sì, inutile negarlo, sono stata fortunata.

Purtroppo, nella maggior parte dei casi la scuola è differente.
Si arriva all’inizio dell’anno scolastico senza che vi siano assegnate le insegnanti di sostegno, senza che vi siano gli spazi dedicati per il lavoro con rapporto “uno ad uno” con i disabili che, come mio figlio, non riescono a stare per tutto il tempo in classe, senza che vi sia una concreta volontà di integrazione che si basi su progetti e disponibilità effettive da parte delle insegnanti, spesso incastrate nei programmi da seguire, senza che vi siano le attenzioni speciali ai loro bisogni speciali.

Che fine fanno i bambini disabili a scuola? Purtroppo spesso si ritrovano “parcheggiati” in modo tale da “non disturbare più di tanto” in attesa che il tempo di scuola passi.
E questo è una vergogna ed una sconfitta che, sinceramente, porta il nome di ognuno di noi dal momento in cui lo si accetta in silenzio.

E allora?

Non accettiamo l’emarginazione, la trascuratezza, la rassegnazione che incontriamo.
Nella scuola ci sono molte insegnanti che remano dalla parte opposta e che, come quelle di mio figlio, lavorano con amore per gli alunni.
Diamo loro una mano!

E ognuno faccia la sua parte, sia che siamo genitori di bambini con handicap, sia che i nostri figli siano fortunati nel non avere alcuna difficolta… perché al di là delle tante parole che puoi pronunciare, l’esempio che dai oggi a tuo figlio sarà il più grande insegnamento cui attingere per l’uomo che diventerà domani.
E sono sicura che insieme, col tempo, saranno sempre di più gli esempi di una scuola che funziona cui affidare con fiducia e gratitudine i nostri figli.

Condividi: