Se ti stai domandando se sia concretamente possibile accedere ai progetti di istruzione domiciliare o ospedaliera per tuo figlio, che si trovi in una situazione di disabilità o meno, la risposta è sì!
Dopo averne avuto esperienza diretta con mio figlio Giuliano, ho deciso di parlartene mossa dalla volontà non solo di darti le necessarie informazioni per capirne i presupposti, ma anche e soprattutto di farti arrivare a gran voce questo messaggio: non fermarti mai di fronte a un mero “non si può fare”.

Di cosa si tratta?

Il progetto “Scuola in Ospedale ed Istruzione Domiciliare” costituisce uno dei punti di eccellenza del sistema nazionale di istruzione ed è ritenuto parte integrante del programma terapeutico, dal momento che non solo consente una continuità degli studi a chi è ospedalizzato o a casa per una malattia, ma permette altresì di aiutare chi si trova in queste circostanze ad intraprendere e mantenere un percorso cognitivo e relazionale con l’ambiente di vita scolastico.

Si tratta di un’opportunità riconosciuta a bambini e ragazzi in età scolare che non possono frequentare la scuola per un periodo di almeno 30 giorni, anche non continuativi.

Un servizio che si attiva sulla base di un preciso progetto che deve essere redatto ad hoc sulle peculiarità e necessità del singolo studente e che, ovviamente, poggia su specifici requisiti.

un insegnante in un bosco insegna l'alfabeto ad un ragazzo

Le condizioni per accedervi sono infatti così legislativamente individuate: durante la permanenza in ospedale e per tutto il periodo di necessaria convalescenza a domicilio, oppure, per il periodo di impossibilità a frequentare la scuola per gravi patologie ed indipendentemente da un pregresso ricovero ospedaliero. Eventualità, quest’ultima, ribadita dal recente D. Lgs. 66/17 che ha, così, annoverato l’illegittimità delle circolari ministeriali di orientamento opposto.

Questa possibilità è riconosciuta ad ogni studente, sia che si trovi in una situazione di disabilità o meno: in presenza dei suddetti presupposti, quindi, sarà preposta un’insegnante che si recherà in ospedale o a domicilio del bambino, a seconda della specifica esigenza.
Sulla questione, infatti, si è recentemente pronunciato il Tribunale di Roma (17 aprile 2018) sottolineando ancora una volta come anche il docente di sostegno debba recarsi a casa dell’alunno con disabilità grave per tutto il periodo indicato nel PEI (Piano Educativo Individualizzato).

La normativa in materia, inoltre, prevede la possibilità di avvalersi di strumentazioni informatiche volte al mantenimento dei rapporti di integrazione e socializzazione dell’alunno impossibilitato alla frequenza che, quando attuati, si rivelano efficaci e preziosi strumenti di vera inclusione scolastica e sociale.

Pensa ad un bambino cha abbia dovuto affrontare un delicato intervento e che si è visto improvvisamente sottratto alla sua quotidianità fatta della scuola e dei suoi compagni, o ad un bambino affetto da una grave patologia che lo costringe a lunghi periodi a casa, con le difficoltà di dover affrontare una malattia aggravate dall’isolamento: l’opportunità di poter seguire le lezioni ed interagire con i compagni in videoconferenza, ad esempio, può davvero fare la differenza nella vita di un ragazzino.

una finestra dalla quale si vede un bambino in un dirupo che legge

Perché per mio figlio

Giuliano è nato con una Malattia Metabolica Erediaria per la quale è necessario evitare malattie e virus, di modo da scongiurare le infauste conseguenze di una eventuale crisi metabolica. (Per saperne di più su queste patologie, clicca qui)
A tal fine, avendo noi genitori deciso di seguire scrupolosamente queste indicazioni mediche, abbiamo fortemente limitato la frequentazione della scuola dell’infanzia di nostro figlio Giuliano tenendolo fisicamente lontano da chi manifesta una malattia, per il tempo della sua durata e per i giorni immediatamente successivi necessari ad evitare un contagio indiretto.

Arrivati all’età della scuola dell’obbligo, invero, preservarne la salute senza escluderne l’apprendimento spontaneo per esperienze, l’integrazione e la socializzazione con gli altri bimbi è diventata una priorità.

E allora, come fare? La risposta è stata proprio questa: con il progetto “scuola in ospedale ed istruzione domiciliare”.

una bambina mangia una mela e guarda dalla finestra

Agisci per tempo

Anche se mio figlio avrebbe iniziato la scuola primaria nel settembre del 2017, già a gennaio sottoponevo alla Dirigente d’Istituto il suo caso, spiegandole le precauzioni necessarie data la sua patologia e sottoponendole le nostre esigenze, dall’assunzione dei farmaci, al bisogno di avere un’insegnante di sostegno dato il suo ritardo cognitivo, documentando ogni istanza.

Data la mia “precedente vita” da avvocato, avevo ricercato appigli normativi alle mie richieste, trovando con stupore una normativa essenziale e quasi scarna in materia scolastica. E sai perché? Proprio per garantire una flessibilità ed adattabilità alle specifiche esigenze concrete che, con una legislazione minuziosa, non sarebbe stato possibile.

“Fantastico!” mi sono detta.
Il mio intento, a quel punto, era quello di ottenere che, per i giorni in cui mio figlio non avrebbe potuto frequentare la scuola per evitare il rischio di contagio da virus, l’insegnante di sostegno fosse venuta a casa con Giuliano.

una lavagna con disegno di una nuvoletta con sopra appoggiata una lampadina

Quel “non si può fare” che non ti convince

Ma se da un lato la flessibilità normativa è un vantaggio, spesso è anche la causa per non osare alcunchè.
Infatti, non sempre la scuola e gli “addetti ai lavori” sono a conoscenza delle opportunità e possibilità che la scuola offre e, quando è così, diventa facile trovarsi di fronte al diniego.

Parlandone con gli assistenti sociali e la scuola, difatti, mi sono sentita tutt’altro che incoraggiata in questo mio progetto.
Nonostante fosse questo l’unico modo per non emarginare Giuliano più di quanto faccia già la malattia ed includerlo in un ambiente scolastico, educativo e sociale, cui ha diritto come ogni altro bambino, mi sono sentita ripetere da tutti che non si poteva fare, né era mai stato fatto.
Ed è stato proprio quando mi sono sentita dire <<Signora, se non si fida vada a sentire al Provveditorato>> che ho deciso di non arrendermi a quel “no” senza un fondato motivo.
In fondo, cosa avevo da perdere?

Proprio andando all’Ufficio Scolastico Regionale, accolta con una gentilezza ed un’attenzione verso mio figlio che non avrei mai creduto possibile, mi sono sentita dire non solo che era possibile realizzare per Giuliano un progetto scolastico che prevedesse l’istruzione domiciliare da parte dell’insegnante di sostegno, ma che ciò era proprio nello spirito della normativa esistente!

una donna che sta per entrare in una porta di un ufficio

Le intuizioni che avvicinano alle istituzioni

In questo caso come in altre situazioni, ci sono soluzioni e possibilità concrete che davvero possono fare la differenza e cambiare la vita di questi ragazzi, rendendola non solo migliore ma anche piena e realmente inclusiva.
Il vero peccato, allora, è non approfondire queste opportunità, non lavorare per renderle effettive e di fatto lasciare tutto così com’è senza nemmeno tentare.

Più comodo certo, più semplice per tutti… Ma la qualità di vita di un ragazzino, il suo sorriso, il suo poter essere in mezzo agli altri nonostante tutto, non vale forse lo scomodo da parte di qualcuno?

Quando ti senti dire un “no, non si può fare” non supportato da nessun reale impedimento, fai come ho fatto io, senza timore: segui il tuo istinto e rivolgiti all’organo superiore.
Non farti intimorire dalle istituzioni: in fondo cosa sono se non un insieme di persone che lavorano per uno scopo?

E ricorda, non serve una laurea per chiedere ciò che è nel tuo diritto. Io non ho mai ostentato il titolo di avvocato e mi sono sempre presentata come “la mamma di Giuliano”… perché ognuno di noi sa bene che la determinazione di un genitore, mossa dall’amore per il proprio figlio, può scardinare ogni serratura.

A volte avrai dei “sì”, altre volte dei “no”, poco importa: ciò che conta è la serenità di aver ottenuto quanto di meglio potevi per tuo figlio.

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