Quando le persone che hai intorno col passare del tempo ti sembrano dei perfetti sconosciuti, cosa fai? Quando quei discorsi di principio restano tali e all’atto pratico evaporano con il primo fiammifero più conveniente da accendere, come reagisci? Quando senti che ogni discorso inizia e finisce con “io”, senza alcun concreto spazio per l’altro, cosa rispondi? Quando ti ritrovi circondato di persone che sembrano aver perso il senno ed il senso di ciò che fino a ieri era la base comune di partenza… tu, cosa decidi di fare?

Non ti riconosco…

Mi capita sempre più spesso, in questi ultimi mesi, di ritrovarmi in situazioni simili… tanto da essermi interrogata e messa più volte in discussione a riguardo.

In questo tempo così precario, molti si sono chiusi nel proprio orticello, modificando non solo le abitudini di vita, come ci viene richiesto di fare, ma persino la propria capacità di relazionarsi con l’altro da sé. È come se ci si fosse dimenticati di chi eravamo: la nostra storia, le nostre relazioni, le amicizie, il proprio bisogno di aiutare l’altro per sentirsi utili, gratificati, vivi.
Ed in questo io cosmico, che sento in molte persone intorno a me… mi perdo e ci soffro.

un uomo ed una donna che si allontanano tra di loro in mezzo ad un bosco

Eppure io…

Non riesco a darmi una spiegazione a tutto questo: la pandemia? Il senso di precarietà? La paura per la propria salute e la stessa vita? L’ansia per il futuro?

Eppure io tutto questo l’ho già vissuto e lo vivo da dieci anni ormai, da quando mio figlio è nato con una malattia metabolica rara: a detta di chi mi conosce non mi sono imbruttita, forse chiusa più in me stessa sì, ma non mi sono trasformata in una persona egoista, non ho chiuso la porta agli altri ed alla loro vita, seppur diversissima e molto più allettante della mia.

Forse sono io ad essere una persona dalle straordinarie capacità, particolare equilibrio o con un altruismo spiccato?
Niente affatto! Forse la verità è un’altra invece… quella che non ho mai voluto ascoltare.

un uomo ed una donna che camminano nel sentiero di un bosco

Parole, soltanto parole

La risposta alle tante domande che tormentano anche te, nel momento in cui ti ritrovi circondato da estranei coi quali credevi di aver costruito qualcosa di prezioso e speciale, sta in quello che, almeno io, non ho mai voluto accettare.

Le persone sono brave a parlare, a puntare il dito e urlare per i propri principi, a tendere la mano al barbone in difficoltà sotto casa propria, a fare squadra ed unirsi per superare ogni difficoltà… finché però quei principi non richiedono di sacrificare uno spicchio della propria libertà, finché il barbone non osa chiedere uno spicciolo in più di quello che gli si vuole dare, finché la parola “l’uno per l’altro” non comporti mettere da parte sé stessi per il bene degli altri.

Credo, invero, che le persone, soprattutto in questo particolare momento storico, non siano affatto cambiate, ma si siano semplicemente rivelate per quelle che sono.

volto di una donna sdraiata a terra tra le foglie autunnali

Qual è la tua risposta?

In alcuni momenti c’è bisogno di prendere una posizione forte, affrontare l’altro e parlare chiaramente, perché quando non riconosciamo più le persone che abbiamo scelto di avere accanto, non sempre è possibile passare oltre: puoi tentare di trasformare il rapporto in qualcosa di più timido da quello che era ma, col tempo, un fuoco che riduce la sua fiamma ad un cerino, non potrà che spegnersi.

In altri momenti c’è semplicemente bisogno di prendere le distanze: ci si chiude in silenzio, ci si apre meno, si resta con sé stessi e coloro che ancora sentiamo sulla nostra lunghezza d’onda. È un atteggiamento di difesa personale che, forse col tempo e con la reciproca volontà, può farci interiormente rincontrare, ritrovare e ricominciare da dove ci si è lasciati.

Infine, puoi sempre decidere di soprassedere e di andare avanti nonostante tutto, prendendo ciò che puoi e dando ciò che senti, mantenendo un rapporto che sai avere un limite da non oltrepassare, per non incontrare quell’estraneo ai tuoi occhi.

Personalmente, questa non è una scelta che mi si addice, specialmente nei rapporti che vivo come importanti. Con la malattia di mio figlio ho dovuto e voluto fare chiarezza nelle relazioni, ed ora fingere una empatia, una vicinanza di pensieri ed intenti che non c’è più, non fa per me.

Ognuno di noi, però, deve trovare dentro di sé la propria risposta al cambiamento altrui: impellente, contingente o istintiva che sia. Serve coraggio, onestà, ma soprattutto serve essere capaci, in ogni scelta, di non tradire mai sé stessi e di non permettere agli altri di cambiarci, mai.
Ed ora torno a chiederti: di fronte al cambiamento altrui, qual è la tua risposta?

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