Attraversare una crisi personale. Vivere la malattia in prima persona. Avere un disabile in famiglia. Dover vivere un lutto. Sperimentare una separazione.
Sono situazioni molto diverse tra loro, ma accomunate da una condizione che riguarda tutte le persone che le vivono: la fragilità.
Di fronte a questi casi, ci troviamo spesso a dire al nostro interlocutore un consolatorio: “mi dispiace…posso capirti, sai”. Ma quanto di reale c’è nel dire che possiamo comprendere una situazione critica altrui, pur non avendola vissuta in prima persona? E se davvero capirsi del tutto è impossibile, su quale tipo di vicinanza possiamo sperare?
Nessuno di noi è esente da questo dubbio amletico e ne voglio osservare le ragioni.
Sono tantissimi i racconti che Romina mi fa del suo quotidiano impegno con Giuliano e dei tanti eventi complicati che costellano i loro giorni. Fa piacere a lei condividerli con me in dettaglio e fa piacere a me ascoltarli, per accorciare quella distanza che inevitabilmente gli impegni di ogni giorno e le diverse vite pongono tra noi. Nei suoi momenti più bui, dove le scelte per il bene di un figlio sono tra quella dura e quella durissima e certe strade vanno battute a lungo prima di potersi dire spianate, ho avuto la tentazione di mostrarle la mia vicinanza aggrappandomi a qualsiasi situazione simile io avessi vissuto nella mia vita, qualsiasi vicenda mi permettesse di dirle “ti posso capire”.
A.A.A. cercasi reazione adeguata
Reduce dalla fine del mio matrimonio e dalla conseguente separazione, non posso dire di aver attraversato un periodo semplice; e nel parlarne con chi, saputa la novità, chiedeva spiegazioni, anch’io mi sono sentita dire più volte la frase “posso capirti”.
Laddove l’interlocutore riconosceva la separazione come effettivo fallimento del matrimonio – e già questo succede raramente – è capitato che l’altro mi mostrasse comprensione, appoggio ed una sorta di tentativo estremo di trovare il massimo livello di empatia possibile. Eppure, difficilmente tutto ciò si allineava con quella mia visione soggettiva che – invece – mi faceva dire “se non hai passato ciò che ho passato io, come puoi realmente dire di capirmi?“
Rassegnati alla distanza! O no?
La conclusione più immediata a tutto ciò mi lascia con questo interrogativo. Se ogni situazione che viviamo, specialmente le più critiche, è destinata ad essere compresa a fondo solo dai propri protagonisti, non resterebbe dunque che rassegnarsi ad una distanza insuperabile, che isola le vite di ciascuno, persino nei casi di maggior legame affettivo? Apparentemente sì… Ma io a un tale cinismo non riesco proprio a rassegnarmi!

Penso piuttosto che si possa sperimentare l’empatia con le altre persone e la vicinanza alle situazioni che si vivono, aumentando il rispetto e la fiducia verso i sentimenti degli altri e che muovono le loro personali scelte .
Quindi, se di fronte ad un racconto dell’altro mi trovassi a reagire con un “mi spiace, ma non riesco a comprenderti del tutto”, sarebbe la reazione più opportuna, perché la realtà dei fatti non ne verrebbe sminuita.
E la fiducia cosa c’entra? C’entra e come, perché se quella piccola distanza che resta tra una vita e l’altra impedisce poi di dire cose sensate che abbiano reale valore per l’altro, non resta che fidarsi di chi, protagonista dei propri giorni, si mette in prima linea e compie le sue scelte assumendosene le responsabilità.
Passaggio privato
Cosa mi è pesato di più durante e dopo la mia separazione? Sicuramente sentire giudizi affrettati di chi diceva di capirmi con poco, e ricevere consigli che sapevano di “dà retta a me, che altrimenti sbagli passo”. Sentirmi privata della fiducia di chi dice di volermi bene, ma giudica senza conoscere a fondo i fatti, fa davvero male. Fa soffrire doppiamente, perché a gran voce ribadisco di volermi prendere pienamente la responsabilità di ogni mia scelta.

Sembrerà strano, ma a quel “ti capisco” di facciata, preferisco di gran lunga un sincero e sentito “non riesco a capirti del tutto”, perché a volte i percorsi di ciascuno hanno tratti che nessun altro riesce a percorrere, se non noi.