Sono sempre io, eppure non sono più io.
Mi capita di leggere alcuni articoli scritti e raccolti nel blog e di non riconoscermi, anzi, vorrei replicarmi e contestarmi persino!

Gli anni della pandemia mi hanno cambiata… quest’ultimo anno in cui insieme a mio figlio abbiamo lottato duramente contro la sua malattia metabolicaAcidemia metilmalonica – mi ha cambiata… ma soprattutto, un ragazzo conosciuto sui social diventato mio amico, mi ha cambiata. Ma lascia che ti racconti un po’.

ciondolo rosso a forma di cuore che si libra sfiorando uno specchio d'acqua rossa su sfondo rosso a simboleggiare un cuore che sente forte le emozioni

Chi sono e sarò sempre

Sono una persona come tante, però con una capacità di connettermi al mondo e alle persone che purtroppo ritrovo sempre più raramente.
Istintivamente mi immedesimo nelle emozioni e nel vissuto altrui, fino quasi a sentirlo su di me: probabilmente questa mia spiccata empatia verso gli altri viene dal mio continuo scavare nei sentimenti, anche quelli più forti… per conoscerli, affrontarli, viverli e liberarmene a volte.

Questo mio continuo guardarmi dentro, infatti, anche quando è faticoso diventa per me la via per rinascere con ritrovata energia e capacità reattiva ogni volta.

Sono fatta così, funziono così: un dolore mi appartiene fintantoché non lo attraverso del tutto, senza nascondermi, assolvermi né evitarlo; allo stesso modo la felicità l’assaporo tutta, e me la racconto una volta e una volta ancora per farla durare il più a lungo possibile.

Questa è la mia essenza, non credo che cambierà mai… soprattutto perché non credo che vorrò rinunciarci mai.

donna vestita di nero che galleggia in uno specchio d'acqua scuro circondata da fiori a simboleggiare il sentire forte le emozioni

Questione di modalità

Se è vero che i periodi difficili ti cambiano, ci sono fasi della vita in cui il cambiamento diventa persino un bisogno.
Sei imprigionato in “sequenze comportamentali ed emotive” che si perpetuano da una vita, ma senti che quella modalità di reazione non ti appartiene più… la tensione al cambiamento viene frenata da ciò che è automatizzato in te, e ti ritrovi a lottare con chi eri, chi sei e chi non vuoi più essere.

Dopo due anni trascorsi così, mi rendo conto che molti dei mie pensieri di ieri non mi ritrovo più. Nei miei scritti più risalenti ritrovo ciò che oggi addirittura mi infastidisce, ovverosia la tendenza a ricercare la famosa “pacca sulle spalle” degli altri.

Sono sempre stata una persona trasparente e lineare: non ho mai cercato l’approvazione altrui, non ho mai avuto necessità di nascondere la mia vita né di sottrarmi al giudizio altrui… ma in qualche modo ho cercato negli altri un sostegno, o forse l’empatia stessa.
Nel farlo, però, credo di essere caduta a volte nella trappola del vittimismo… Hai fatto caso come l’empatia arrivi sempre quando ti mostri debole ed in difficoltà?

Capiscimi bene, non ho mai voluto sentirmi dire “poverina”, ma nel condividere la mia vita, costellata di momenti oggettivamente difficili, le mie parole sono sempre state interpretate in quel modo.
Anche quando volevo raccontare come ero “uscita dalla merda”, l’attenzione dell’altro si fermava al letamaio… e quando persino l’autoironia non ti dissocia dal pietismo, finisci per credere che il tuo ruolo in questa vita sia proprio quello, esserle vittima.

una donna cammina su una fune sospesa su giganti cascate d'acqua a simboleggiare la forza nella ricerca di se stessi

Il cambiamento in un Amico

Poi imbatto in un ragazzo, diventato per me un esempio, un mentore, un amico.
Lo incontro su Facebook: profondo conoscitore dell’Aba e dell’autismo nelle sue forme più severe, nel confrontarmi con lui sembra conoscere mio figlio molto più di me… possibile?

Antonio Gambardella (*) mi apre gli occhi: mi fa vedere le potenzialità di mio figlio oltre il mio immaginario, mi scrolla dal torpore che pervade la mente di un genitore di un bambino disabile, mi fa vedere i miei limiti… che anche inconsapevolmente diventano i limiti di mio figlio.

Non mi coccola, non mi fa sconti nel giudizio, non mi dà nessuna pacca sulle spalle: mi dice invece di usare le energie per studiare, modificare le mie risposte comportamentali ed il mio atteggiamento mentale di fronte ai problemi, aiutare mio figlio davvero scoprendone “il funzionamento” per apportare il cambiamento necessario a star bene tutti, lui per primo e noi con lui.
Mi sottopone a training intensivi per affrontare le mie difficoltà ed i miei pregiudizi che riguardano me, mio figlio, l’autismo… e col tempo le mie frustrazioni diventano stimoli neutri che, inaspettatamente, riesco a vivere in modo più libero: senza ansia, senza pietismo, senza foga.

Antonio mi ha cambiata… non lo ringrazierò mai abbastanza e, se potesse, anche mio figlio lo abbraccerebbe in un gesto di gratitudine.

Il cambiamento attraverso il dolore

La pandemia è stato per noi solo l’inizio di un periodo difficile. La parte più dura e dolorosa in quest’ultimo anno è arrivata con l’aggravarsi della malattia rara di cui è affetto mio figlio: in un anno 10 ricoveri in ospedale, la maggior parte dei quali in emergenza e con la paura che non ce la facesse.
Un anno terribile, questo, in cui ho trovato la spinta decisiva per costringermi a cambiare e stavolta per sempre.

Mio figlio – con ritardo cognitivo severo, non vocale, autistico, con una malattia senza cura – ha dovuto affrontare l’inferno in questi mesi, tra ricoveri, terapia intensiva, impossibilità di deambulare, stomia e nutrizione artificiale… senza possibilità di scegliere di sottrarvisi. Ha fatto e subìto ciò che era necessario per vivere, senza sconti.

Quale coraggio può dare al proprio figlio una madre che, anche nel silenzio, sembra gridare al mondo “povero figlio mio”?

Ed in un attimo mi sono tornate alla mente le parole di Antonio per trovare la via: “i pensieri sono comportamenti”… mi sarebbe bastato cambiare atteggiamento mentale per trovare la forza necessaria!

Ogni cosa che andava fatta, quindi, si è fatta e basta: senza lacrime, senza fughe, con coraggio reciproco e con l’amore… quello di chi non ti dà una inutile pacca sulle spalle, ma di chi ti tiene per mano e ti dice “facciamolo insieme”.
In questo modo mio figlio ha acquisito sempre maggior consapevolezza di ciò che doveva affrontare ed io gli ero più utile nella mia lucidità.

Mi sono resa conto, sempre di più, che le mie lacrime e la mia compassione, per la sua sofferenza, non solo non lo avevano mai aiutato, ma probabilmente avevano alimentato le sue paure. Ho capito, finalmente, che sarebbe stato il coraggio condiviso a darci forza, la ricerca di una risata a tutti i costi a donarci speranza e l’assenza di phatos a rivelare l’amore tra noi.
Più mi allontanavo da quello che ero, più mio figlio era sereno.
Una volta presa consapevolezza di questo meccanismo, nessun passo indietro da parte mia è più stato fatto.

Modalità vincente on

Lo ripeto. Sono sempre io, ma non mi riconosco più in molti dei miei scritti che mi tratteggiano. Riesco ancora a sentire il dolore, la rabbia, la paura e la disperazione delle parole messe nero su bianco che non rinnego e che corrispondono ognuna a verità.
Oggi, però, il mio modo di esprimere certi vissuti sarebbe diverso, perché io sono diversa. Nel parlare delle stesse emozioni, oggi le descriverei ed affronterei senza dar spazio a scuse o giustificazioni, senza incolpare Dio né la sfortuna, senza cercare nessuna pacca sulle spalle altrui, nessuna parola di conforto… nessuna illusoria scappatoia, nessuno spreco di energie.

Un abbraccio non sempre appaga, non sempre sostiene né salva dal dolore; un abbraccio virtuale poi è mera illusione, dura giusto il tempo che impiega una lacrima a scendere lungo il viso per poi perdersi dietro un altro post o un altro scritto.
Un abbraccio è energia solo se privo di pietà e pieno di forza reattiva: perché è proprio nei momenti difficili che serve re-agire e non piangersi addosso.

Di fronte alle prove della vita piangerti addosso non ti aiuterà, la compassione altrui non ti aiuterà, il crogiolarti all’infinito nel dolore non ti aiuterà.
Concediti un tempo determinato per affrontare le tue emozioni e poi, senza troppo indugio, concentrati nella ricerca della miglior soluzione possibile: questo sì che ti aiuterà.

(*) Antonio Gambardella è amministratore di numerosi gruppi Facebook in cui viene trattato l’autismo con naturalezza, senza pietismo, con uno sguardo al problem solving di fronte ad ogni difficoltà. Uno dei suoi gruppi maggiormente attivi è “Forum Autismo Attività…e confronto”… consigliatissimo! Ti apre la mente anche quando ti pensi libero, ti costringe a guardarti dentro e a guardare a tuo figlio come lo specchio di te stesso e dei tuoi gesti… indipendentemente dal tuo essere neurotipico, neurodiverso, abile, disabile, uomo, donna, gay, etero, bambino o adulto. Non dirò altro di lui: le etichette non danno un valore né tolgono meriti: vai nel forum, iscriviti e scopri anche tu come liberarti dei preconcetti, dei pregiudizi e dei limiti che tu stesso metti a te stesso e a tuo figlio.

Immagine di copertina: foto di InspiredImages da Pixabay
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