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Sport e inclusione: un binomio da scoprire

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Avatar Lucia
Griglia di partenza della pista atletica, con posizioni allineate

Che lo sport sia un ambiente in cui è possibile attuare l’inclusione tra bambini disabili e non, sembra un concetto scontato. L’organizzazione in squadre, la formazione di un gruppo, l’inserimento in un contesto comune con obiettivi simili, sono già premesse utili per pensare ottimisticamente ad una integrazione possibile tra le diversità. Eppure sono sicura che il disallineamento di capacità intellettive o motorie che la presenza di un ragazzino disabile può causare costituisce, purtroppo, per molti, un ostacolo allo sviluppo fluido e lineare del percorso sportivo dei bambini cosiddetti “normali”.

Mi sembra già di sentirli, i commenti tra genitori dietro le quinte dei locali sportivi: <<un disabile nella squadra di calcio rallenta lo schema di gioco, un disabile nel gruppo di ginnastica artistica rovina l’impatto visivo della coreografia puntigliosamente ordinata, un disabile nel gruppo di avviamento al basket distrae gli altri dalle indicazioni che il mister suggerisce>>

Un cambio di prospettiva

Pensiamo invece al grande insegnamento che ogni bambino può ricevere vedendo inserito ciascun compagno di sport con la stessa dignità, con lo stesso diritto di esprimere le proprie possibilità e affinare le capacità che possiede il più possibile. Lo sport è un ambiente dove può manifestarsi una grande possibilità: quella di lasciare che ognuno esprima le proprie risorse, allenandole con pazienza e dedizione, alternando l’appagamento che viene dai successi con le piccole frustrazioni sane che stimolano al miglioramento.

Pensare che mia figlia possa assistere al progresso che una coetanea disabile mette a frutto nelle lezioni di danza che condividono, o pensare che entrambe possano partecipare e sorridere insieme dell’esperienza unica e magica di un saggio di fine anno..beh è qualcosa per cui pagherei oro! Sarebbe una lezione di vita preziosa, che ha a che fare con il prendere la realtà per come veramente è, con l’umiltà, con la socializzazione a tutto tondo.

Soprattutto è qualcosa che supera abbondantemente l’eventuale preoccupazione per un rallentamento di apprendimento che la presenza di un disabile potrebbe causare. Perché l’acquisizione di tecnica, stile o potenza fisica valgono il nulla, se a supportarli non c’è la crescita umana che deriva da relazioni positive effettive.

Ognuno di noi può affiancare i piccoli per fare in modo che questo pian piano accada. Pronti? Via!