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I bisogni speciali di un regalo

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Avatar Romina
regalo ai piedi di qualcuno

Non so te, ma a me i regali piacciono da morire!
Sarà che nella mia infanzia ne ho ricevuti davvero pochi, desiderati ed attesi talmente tanto da diventare sogni, che oggi provo gioia ed entusiasmo sia nel riceverli che nel farli.
Cercare un regalo mi mette in una posizione di vicinanza con la persona cui voglio bene: il pensiero va a lei e alla reciproca conoscenza ed affetto, e pregusto lo sguardo di contentezza una volta scoperta la sorpresa, come a dirsi <so che ti piacerà, ho pensato a te, ti conosco, sii felice almeno per un attimo>.

I bambini poi sono meravigliosi in questo: restano ad occhi spalancati già davanti alla carta colorata, ed il loro sguardo non mente, sia nel bene che nel male.
Se non gli piace, ahimè, ti aspettano persino le lacrime! Ma se gli piace, in cambio avrai entusiasmo, felicità ed eccitazione… ed in quel momento, donare diventerà una gioia condivisa.

A tutti piacciono i regali… è un luogo comune.

In presenza di disabilità, ritardo cognitivo, diversità di condizioni psico fisiche, spesso la relazione sociale, personale ed emotiva, che “normalmente” sottostà allo scambio di regali, è del tutto fuorviata, quando non inesistente.
Inoltre, per alcune disabilità (come l’autismo) possono esservi condizioni particolari per le quali luci forti o intermittenti, suoni o confusione, costituiscono motivo di forte disagio.

Quindi, se ti apprestati a fare un regalo ad un bimbo che vive una di queste peculiari condizioni, dovrai essere preparato… perché non verrà a “salvarti” neppure un secco e distaccato <grazie> pronunciato per mero senso del dovere.

Molti bimbi con bisogni speciali, infatti, non rispondono alle nostre “regole sociali” dell’educazione: non ne comprendono la funzione o la necessità… e non lo faranno perché gli viene ordinato.
Loro hanno semplicemente una consapevolezza diversa di ciò che li circonda e che vivono: non sono maleducati, né opportunisti, né sono capaci di fare “calcoli di convenienza e di buone maniere”… vivono nella spontaneità e nella semplicità della loro percezione del mondo, lasciando a noi la complicazione dei sentimenti cosiddetti “più nobili”, ma che invero falsano spesso i rapporti tra le persone.
Questa stessa loro spontaneità, piuttosto, li rende meravigliosamente veri ed autentici nei loro gesti… agli occhi di chi li sa accettare ed amare.

Prima di diventare madre di Giuliano, non avevo idea di tutto questo.
Mio figlio… avrei voluto donargli il mondo intero, lui che è il mio amore più grande ed il mio riscatto verso una vita che non è stata affatto magnanima con me.
Invece, purtroppo nasce con una malattia genetica rara, metabolica.

E’ a questo punto che il potergli dare tutto ciò che fosse stato nelle mie possibilità, riempirlo di cose belle, regalargli feste di Natale e compleanni pieni di allegria e desideri che si avverano, sarebbe stato per me ancora più importante… così da provare a compensare la sofferenza ed i limiti di una malattia senza cura… così da tentare di colmare dentro di me quell’infinito senso di impotenza.
Ma quando, sempre a causa della sua patologia metabolica, si manifesta anche l’autismo, neppure questo mi è più dato fare.

criceto tra i regali

Giuliano? Di fronte ad un regalo, ad un nuovo oggetto, sembra disinteressato, ed ogni tentativo di avere una sua diversa reazione lo infastidisce.
A lui non interessa scoprire cosa c’è dentro, non vuole nemmeno strappare la carta regalo come fanno i bimbi piccoli… ogni oggetto che non conosce, ogni cosa nuova, non lo incuriosisce, ma piuttosto per lui è fonte di tensione, di disagio, e d’istinto l’allontana da sé, anche lanciandola via.

All’inizio specialmente, ho vissuto questo suo “non volere” come una delusione, come un altro piccolo dolore da affrontare: l’ennesima situazione in cui sentirsi diversi… e vergognarsi.
Ad ogni occasione, infatti, mi ritrovavo tra le mani l’imbarazzo di noi genitori, la delusione degli altri… ed il regalo!
…E con tutte queste “cose” tra le mani, persino i rapporti si complicano.
Avrei voluto poter essere io al posto di mio figlio, aprire quel benedetto pacchetto, restituire un sorriso a chi aveva voluto fargli quel gesto affettuoso… ma non era da me che gli altri si aspettavano questo!
Ecco che, il disagio degli altri per la reazione di Giuliano, è diventato nel tempo il mio disagio per la “mancanza” di mio figlio.

Ho provato di tutto.
Sai quante volte mi sono ritrovata a “corrergli dietro” per fargli (almeno) guardare ‘sto pacchetto? O per farglielo aprire prendendogli la manina?
E poi, rassegnata a scartarlo io per lui, sai quante volte mi sono ritrovata ancora ad inseguirlo con il regalo in mano per convincerlo, per lo meno, a vedere di cosa si trattasse?
Niente: urla e pianto era l’epilogo, ogni volta.

E allora? E allora basta!
Un regalo deve essere fonte di gioia, non di frustrazione, costrizione, difficoltà, pianto.
E sebbene tante volte io mi sia chiesta “come fare”, anche nella confusione dei pensieri e dei sentimenti, mi è sempre stata chiara una cosa: rifiutare l’idea di non fargli più regali.
Smettere di farglieli significherebbe smettere di dargli la possibilità di cambiare, smettere di credere che un giorno lo aprirà, che possa anche lui stupirsi e stupire… ed essere proprio io ad isolarlo e renderlo diverso.

Il cambiamento più grande, ovviamente, l’ho dovuto fare io per prima… e dopo di me è stato più semplice far sì che avvenisse anche negli altri.
Se noi per primi accettiamo i nostri figli per ciò che sono, chi ci è accanto lo farà di rimando.

pacchetto regalo tra le mani nel porgerlo

Tra pochi giorni sarà Natale, e poi a seguire il suo settimo compleanno ormai. Tempo di regali per Giuliano?
Ho smesso di corrergli dietro con il pacchetto: lo apro io!
Chi gli vuol bene sa farsi bastare il mio entusiasmo, come fosse il suo.
Glie lo faccio vedere se vuole, altrimenti lo metto in un posto bene in vista, di modo che, se ne avrà voglia, possa avvicinarvisi e prenderlo, lontano dagli sguardi pesanti di aspettative.
E sai una cosa?
E’ capitato più volte che proprio quel regalo “lanciato” via, con il tempo sia diventato il suo gioco preferito!

Se la malattia di mio figlio mi ha insegnato qualcosa, è la consapevolezza che quando tutto sembra statico, immobile ed immutevole… <eppur qualcosa si nuove>.

Non cambiare l’attenzione, l’entusiasmo, l’affetto che metti nel fare un dono ad un bimbo disabile: cambia invece la tua aspettativa nel farlo!
Donare non significa porgere all’altro per mera generosità, senza ricevere in cambio alcunché, indipendentemente dalla risposta che si può avere?
Facciamolo allora, e facciamolo verso tutti!

E se stai pensando ad un bambino con bisogni speciali…
Ci si impegna a riempirli di cose materiali per coprire il dolore che la loro condizione lascia dentro ognuno di noi… e invece dovremmo smettere di evitare di guardarci dentro, dovremmo guardare in faccia a quel dolore, prenderlo per mano e, consci delle nostre difficoltà a relazionarci con loro, lasciarci guidare e travolgere dal loro mondo spontaneo, pieno d’amore, di verità, di vita.
Il regalo più bello che puoi fargli? E’ il tuo tempo con lui.

Sarebbe un meraviglioso dono anche per i genitori di quel bambino, sai?
…Per noi che guardiamo i nostri cuccioli crescere, che li vediamo e li sappiamo soli, oggi come domani… e che abbiamo un disperato bisogno di ricominciare a credere e sperare che anche il mondo possa accogliere ed amare i nostri figli, e non solo noi.

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