Nella prima parte della nostra “vacanza disabile” ho voluto farvi conoscere gli ostacoli ed i problemi che un disabile e la sua famiglia debbono affrontare per organizzarsi e potersi concedere, come gli altri, una pausa fuori dalle mura domestiche. (Qui trovi la prima parte)
Dopo la stoica fatica fatta per trovare una meta compatibile alla propria disabilità, aver preparato e predisposto tutto il necessario per le cure mediche (indispensabili anche in vacanza!), possiamo dire di avercela fatta.
Quindi, ottimisti ed entusiasti per questa vacanza, si parte!
Tempo di vacanza o della “grande tribolazione”?
All’arrivo, ad essere onesti con noi stessi, sappiamo già cosa ci aspetta.
L’appartamento, pur se lo stesso dell’anno scorso, destabilizza ogni volta Giuliano. Gli spazi (ovviamente più ristretti) lo agitano. Una routine diversa lo innervosisce e lo disorienta.
Per quanto cerchiamo sin da subito di ricreare spazi, abitudini e una quotidianità il più possibile vicina a quella di casa, sappiamo già che per qualche giorno sarà dura, molto dura.
Il disagio è immediato: nel giro di poche ore le risate, le coccole e le corse gioiose lasciano il posto a urla, vecchie stereotipie, nervosismo, pizzicotti… Che bell’inizio!
I giorni passano, e ogni volta ci accorgiamo che la stanchezza che noi genitori abbiamo accumulato durante l’anno non riesce a disperdersi, ma va a sommarsi a quella di una vacanza fatta di <ma perché>, <come mai>, <starà bene>, <avrà qualche dolore>, <che dici, cosa facciamo>.
Per fortuna, l’acqua ci viene in soccorso. Il mare, infatti, è per Giuliano una gioia totale: “una grande vasca da bagno” tutta per sé in cui immergersi senza limiti di tempo, scaricarsi e trovare la pace.
Vederlo così sorridente e felice in acqua ci riempie di gioia… e, per tutto il tempo, possiamo solo goderci le sue risate sonore.
Quasi sempre “noi e voi”… a volte “noi con voi”
I nostri lettini in spiaggia restano costantemente vuoti, ma non demordiamo: ogni anno li prenotiamo, certi che, prima o poi, riusciremo a farne buon uso.
A volte, poi, è proprio un lettino a darti l’occasione per conoscere altre persone, alcune speciali.
Purtroppo però, di persone quantomeno poco educate ce ne sono molte e in ogni contesto.
Limitandoci al comportamento “poco carino” nei confronti di un disabile, per quanto ci riguarda ne collezioniamo almeno un paio a vacanza.
Per dirvene uno, quest’anno una signora che passeggiava col marito, vedendo Giuliano riempirsi la bocca con l’acqua del mare per poi sputarla ripetutamente, mi si è rivolta con tono ed espressione scandalizzati dicendomi <Signoooora! Ma come può permettergli di farlo? Non lo sa che l’acqua del mare è sporca e porta malattie? Ma come si fa!> …mentre il mio pensiero era <ok, finché questa forma di auto stimolazione lo aiuta a stare tranquillo vuol dire che non fugge, non urla e non va a infastidire nessuno> con quello che nell’autismo è noto come “comportamento problema”.
Visto come cambia la prospettiva?
Ci sono però alcuni sguardi che mi arrivano forti come un pugno… sono sguardi che pesano, mortificano, mi invecchiano di un colpo… di fronte ai quali non so ancora reagire.
Ma tra questa moltitudine di sguardi, ogni tanto ne arriva uno con la capacità di diventare “il faro nel buio” della tua vacanza, e che ti restituisce quell’ironia e quella consapevolezza di cui hai bisogno.

Anche noi disabili però dobbiamo fare la nostra parte
Un giorno come un altro, dopo un episodio di forte nervosismo di Giuliano per un disagio che non sapeva comunicare se non urlando e dimenandosi, mi sono ritrovata sconfortata ed immobile sotto l’ombrellone, sperando di sparire per l’imbarazzo. In quel momento, una signora vicina di ombrellone, senza esitazioni ma con profondo rispetto e delicatezza, si alza dal lettino, prende una rivista dalla sua borsa e mi si avvicina dicendomi: <Tenga, legga questa, si sdrai e si rilassi un po’…che è dura>. Ho alzato lo sguardo per incontrare il suo e ringraziarla di quel suo gesto che mi è arrivato come un grande ed accogliente abbraccio… e anche se per orgoglio non avrei voluto, mi sono ritrovata in lacrime davanti a lei.
Questo per dirvi di essere attenti alle persone che ci circondano.
Tra la folla non ci sono solo sguardi che giudicano, che schifano, che allontanano noi e la nostra vita: ci sono anche sguardi empatici, solidali, amorevoli… ma bisogna essere pronti ad accoglierli.
Il mio monito va anche a noi disabili.
Siamo all’angolo della società, è vero, dove ci hanno messo e dove dobbiamo restare “fino alla prossima campagna pubblicitaria buonista di turno”.
Ma dobbiamo essere noi per primi ad alzarci e rifiutare il pertugio che ci hanno riservato e che non ci appartiene.
Le ferite causate dallo scherno, dall’indifferenza, dall’emarginazione e dalla disabilità stessa, troppo spesso ci hanno fatto nascondere dietro una impenetrabile corazza… sempre più chiusi, prevenuti, diffidenti. Chiediamo scusa per ogni cosa e ci muoviamo all’interno della società “in punta di piedi” per non disturbare. Oppure di tanto in tanto, divorati dalla rabbia e dalla costrizione, esplodiamo con violenza, auto escludendoci per l’impossibilità degli altri di comprendere.
Non è questa la vita che ogni essere umano merita.
E allora? E allora dobbiamo reagire, non vergognarci delle crisi, delle deformità, dei limiti fisici o psichici che siano.
Dobbiamo piuttosto alzare lo sguardo: se siamo noi per primi a farlo, anche gli altri avranno non solo l’opportunità di guardarci negli occhi, ma sarà anche più difficile per loro continuare a nascondersi e a nasconderci.
La nostra vacanza: the end
Ogni vacanza, che sia andata a volte meglio a volte peggio, non possiamo che sentirla faticosissima.
Poi passano i mesi, e torna la speranza e l’ottimismo di credere che la prossima volta andrà meglio… e si finisce ogni anno per prenotare di nuovo, fiduciosi di una vacanza migliore.
Anche se le nostre “ferie strampalate”, almeno una volta al giorno ci fanno dire che vorremmo tornarcene a casa, io e mio marito ormai non sappiamo più rinunciarci.
Abbiamo imparato a goderci i brevi momenti belli che abbiamo: il nostro tempo insieme, una cena da gustare dopo aver messo a letto Giuliano, un aperitivo velocissimo al bancone del bar, rubato ad una “giornata no”.
Abbiamo persino trovato il lato bello di una vacanza vicinissima a casa: poter godere della compagnia di chi ha voglia di venirci a trovare, per ridere insieme e “spupazzarsi” Giuliano… felici loro di ricevere i suoi innumerevoli baci, e noi di poterci rilassare un po’ in splendida compagnia.
E allora… buone vacanze a tutti!
Lascia un commento