Sei qui: Home » Blog » MME, Autismo e disabilità » Disabilità » Un giorno di ordinaria follia

Un giorno di ordinaria follia

·

Avatar Romina
un uomo e un bambino sui binari del treno in fiamme

Un giorno come tanti: ti alzi, sai che ti aspetta una giornata faticosa ed impegnativa, perché la vita con un bambino disabile lo è sempre… ma con ottimismo ti appresti a vivere una giornata “buona”, di quelle piene di coccole, baci, abbracci e contagiosa allegria, la sua.
Non sai ancora, invece, che quella che ti aspetta è una giornata di follia, in cui nulla risponde a nessuna logica, neppure a quelle inusuali di tuo figlio: una giornata in cui ti sembra di impazzire.

Già dai primi scambi di comunicazione capisci che qualcosa “non funziona”: un “andiamo in bagno” o un “no” di troppo, ed ecco che hai fatto scattare la scintilla che farà appiccare l’incendio.
Un incendio che sai essere impossibile da contenere, e che piuttosto sarà capace di gettarti a tratti nello sconforto più totale, tanto da desiderare di finirci dentro e consumarti con lui per non riviverlo mai più.
Una volta divampato, l’incendio si autoalimenterà per tutta la giornata e avrà fine soltanto all’ora di mettere a letto tuo figlio, nel momento in cui verrà a soccorrerti il tuo unico vero amico di una giornata così folle: Morfeo… o il Nopron.

Le urla di cui parlo non sono comuni, sono grida isteriche, trasfigurate, inimmaginabili nella loro estraneità alla natura umana ed aggressività. Chi vive con una persona disabile sa bene di cosa sto parlando.
Alle urla si aggiungono pianto, morsi, pizzicotti rabbiosi, il tutto accompagnato da un volto sfigurato dalla crisi di nervi: preludio di un minacciato vomito che, anche quando non arriva, nel tuo cuore si fa sentire con ansia e paura per la conseguenza che può avere su tuo figlio, malato metabolico.

Provi a reagire con calma e fermezza alla situazione, senza rinforzare il suo comportamento ma allo stesso tempo senza esasperarlo. Dopo un po’ le sue urla diventano insopportabili, quasi dolore al cervello: le provi tutte, cerchi velocemente una soluzione che non arriva, cerchi di capire ma non riesci. A complicare il tutto, ovviamente, il suo essere non verbale.

Arriva la rabbia: istintivamente cerchi di soffocarla, anche se sei consapevole che più la vuoi tenere a bada più ti assale, fino ad annebbiarti la vista ed impedirti il respiro. Non sai come, ma riesci a veicolare la rabbia in un’unica sonora e dolorosa sculacciata, di quelle che lasciano le impronte delle dita.
Ti assale comunque il senso di colpa per quel gesto, perché sai che lui sta vivendo esattamente ciò che stai vivendo tu: l’impotenza di agire diversamente.

L’esasperante nervosismo di tuo figlio continua, non si ferma. Ti chiedi un’ultima volta cos’hai fatto, se puoi rimediare. La risposta non arriva, e allora devi decidere in fretta e fare qualcosa prima che la rabbia diventi incontenibile ira.

Me ne vado. Ogni volta sono loro, le mie gambe, a decidere saggiamente per me, a portarmi lontano da lui.

Le urla e il pianto finiranno prima o poi, e lui tornerà a cercarti: tu lo accogli, e speri che sia tutto finito, anche se sai che è un’illusione e che il giorno di follia che stai vivendo non finirà che all’ora di andare a dormire.
Quel momento arriva, e anche se il tempo sembra non scorrere, sai che prima o poi si addormenterà.

L’incendio è stato spento e finalmente arriva il silenzio, ma il dolore nel petto non se ne va. L’animo non ne esce indenne, tutt’altro: senti che la giornata ha portato via un altro pezzo di te, assieme a quell’ottimismo e quella pazienza che a fatica, granello dopo granello, cerchi di racimolare ogni giorno.
Lui dorme, tu sei sfinito, dolore al petto e fiato corto per tutte le emozioni che hai dovuto trattenere in un groviglio di ansia.

Mi chiudo in un silenzio totale. Vorrei riposare, ma tutte quelle emozioni incalzano e i pensieri mi tormentano. Voglio fuggire, voglio andarmene via, salire in macchina e allontanarmi il più possibile da una vita che non ho scelto e che non riesco a sostenere, da una giornata che mi fa desiderare di addormentarmi per sempre.

Scendono le lacrime a scaldarmi il viso… e la ragione dei sentimenti mi riporta dalla macchina al letto di casa, in cui cerco rifugio e consolazione come quando da piccola, da sola, aspettavo il ritorno di un adulto per sentirmi al sicuro.
Nel letto ritrovo mio marito, unico mio grande alleato in questa situazione, provato esattamente come me… mano nella mano ci addormentiamo in silenzio, ognuno col suo immenso dolore per quello che abbiamo vissuto, ognuno col suo infinito amore per nostro figlio che amiamo sopra ogni cosa… sperando e pregando Dio che l’indomani non sia un altro giorno di ordinaria follia.

(1 giugno 2017... un giorno di ordinaria follia per me, purtroppo la quotidianità per molti...)

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.