Ormai siamo abituati a leggere della scuola come a qualcosa che non funziona, teatro di episodi negativi ed emarginanti, specialmente  in presenza di alunni disabili: di come gli istituti scolastici siano del tutto disorganizzati, con un budget di spesa che non copre nemmeno ciò che dovrebbe essere considerato l’essenziale, della carenza degli insegnanti di sostegno che “assistono” un disabile senza competenza alcuna in mera attesa di un incarico diverso, dell’integrazione apparente dei disabili sovente allontanati dalla classe in quanto disturbanti, dell’estraneità delle insegnanti di classe nei confronti del disabile ritenuto “un problema non loro”. Storie vere, agghiaccianti, che non sono film in tv ma la realtà per molte famiglie e bambini con handicap.

Voglio invece, per una volta tanto, raccontarti una storia diversa, quella della mia esperienza con la scuola: di un anno scolastico che mio figlio, disabile grave, ha potuto vivere facendo enormi progressi, con la speranza che questo un giorno possa dirsi reale per tutti i bambini e le famiglie che si trovano nella nostra stessa situazione.

Giuliano, quest’anno, ha iniziato la scuola primaria.

Ognuno faccia la sua parte

Se una cosa ti interessa, chi se ne deve prendere cura per primo? Non sei tu che devi fare in modo che tutto vada, per quello che puoi fare, come deve andare?
Se hai un figlio disabile che deve affrontare il primo anno della scuola primaria, prima di tutti chi deve darsi da fare sei proprio tu, genitore… perché se aspetti che siano le istituzioni a garantirti ciò che sulla carta è scritto come miglior soluzione per lui, anche se di diritto ti spetta, purtroppo non lo avrai mai.

Un anno prima di quello in cui mio figlio avrebbe dovuto iniziare la scuola mi sono attivata per presentare il nostro caso alla Dirigente scolastica e all’Ufficio Scolastico Regionale (ex Provveditorato agli studi) nella sua peculiarità.
Mio figlio è affetto da una malattia metabolica rara che lo costringe a tutta una serie di accorgimenti che, tra le altre cose, gli eviti di ammalarsi. In più, la sua patologia ha determinato un grave ritardo cognitivo diagnosticato come autismo grave di tipo secondario. Un bel caso complicato direi.

Ma quando parliamo di disabilità ogni caso è complesso, con esigenze e bisogni speciali da soddisfare e che differiscono da una situazione all’altra… e solo il genitore, coadiuvato dai professionisti dell’U.m.e.e. (Unità Multidisciplinare per l’Età Evolutiva) che lo hanno in carico, può aiutare la scuola nel predisporre ciò di cui necessita il bambino.
Pochi, però, sono i genitori che si attivano… e chi ci rimette poi sono proprio i nostri ragazzi, che si ritrovano in una scuola a non fare niente, letteralmente parcheggiati in attesa che il tempo passi senza che, invece, il tempo scolastico sia una preziosa occasione di apprendimento cognitivo e relazionale.

bambina sola in un banco di scuola guarda triste fuori dalla finestra

Non si tratta di non volontà, ne sono sicura. Nella maggior parte dei casi le famiglie si trovano in difficoltà: non si capisce bene a chi rivolgersi, cosa poter o meno chiedere, a quale porta bussare.
In questo posso dirmi preparata, perché la mia “vita precedente” di avvocato mi ha resa del tutto sfacciata: busso ad ogni porta, sempre, e prima o poi quella giusta la si trova. E se mi fanno intendere che mio figlio non è una risorsa per la società come gli altri bambini, ma piuttosto un “costo e un peso”… busso più forte!
Perché qualcuno che lavora per i più deboli, intenzionato a darti un aiuto reale, magari stipato all’ultima porta in fondo al corridoio accanto al sottoscala, c’è sempre.

Veniamoci incontro

Si, è vero: la scuola deve occuparsi dell’istruzione, dotare gli alunni dei libri gratuitamente e fornire la maggior parte del materiale didattico.
Ma se la scuola non lo può fare perché non ha risorse? Cosa fai? Rimani fermo ai principi e lasci che tuo figlio, pieno di bisogni speciali (e quindi di materiale didattico speciale!) stia a scuola a lavorare poco e male con quel che c’è?
Se è nelle tue possibilità (perché purtroppo non lo è sempre…) ti do un consiglio: fregatene delle prese di posizione e “di chi dovrebbe fare cosa”, e dove puoi coprire le carenze della scuola, fallo tu!

materiale creativo su un tavolo e molte mani che lavorano

In questo anno ho sempre portato il materiale speciale di cui mio figlio ha bisogno a scuola, di modo che il tempo ivi trascorso fosse un tempo di qualità, fruttuoso e passato a lavorare per raggiungere gli obiettivi chi ci siamo prefissi per lui: solo con tanto lavoro ed esercizio questi ragazzi possono fare grandi progressi cognitivi, relazionali e comportamentali, e la scuola diventa realmente un tempo e un ambiente prezioso per apprendere.

Questo, per me, significa collaborare.
Noi genitori dobbiamo pretendere ciò che è di diritto per i nostri figli, senza sconti… ma dove possiamo, dobbiamo adoperarci in prima persona per il loro bene.

Dopo di che, per il resto, arriva il tasto dolente.
Sì, perché trovare personale scolastico che crede nel proprio lavoro, che collabora, che ogni giorno lavora per l’inclusione, con amore verso tutti i bambini, in special modo verso coloro che si trovano in difficoltà… è solo questione di fortuna.

Vi aspetto nella seconda parte dell’articolo, in cui vi parlerò di Giuliano e di quanto amore la sua presenza a scuola abbia prodotto, testimoniando cosa può essere capace di fare una scuola che funzioni.

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