Tempo di Covid-19, tempo di misure straordinarie e dell’imperativo d’obbligo, anche morale, di restare a casa.
Le scuole di ogni ordine e grado si sono organizzate per mantenere la continuità didattica con lezioni live, di modo da non lasciare gli alunni sforniti di un supporto formativo volto alla prosecuzione dei programmi scolastici.
I decreti ministeriali parlano anche di “particolare attenzione e potenziamento alla didattica a distanza per i disabili”.
Oltre alle parole, però, sai cosa c’è? Nulla.

La realtà che si scontra con i bei propositi

Parliamoci chiaro: chi ha una disabilità importante, caratterizzata da un ritardo cognitivo di grado medio o severo, non ha alcuna realistica possibilità di usufruire della didattica a distanza.

Mio figlio è autistico: non parla, ha un ritardo cognitivo severo, non scrive, non colora, interagisce a fatica coi compagni di classe, comunica bisogni basilari alle sue figure di riferimento tramite il quaderno Pecs.
Di certo non è in grado di mettersi davanti ad un pc a seguire alcunché: né una lezione on line, né le parole dei suoi compagni nei vari live, né quelle della sua insegnante di sostegno.

Nemmeno un saluto con una videochiamata può essere uno strumento per arrivare a lui.
Mio figlio Giuliano non comprende che si tratta di un collegamento “dal vivo”, che quella persona dall’altra parte dello schermo è lì davvero.
Il risultato? Si arrabbia, diventa aggressivo, non tollera quella comunicazione mediata da un computer, che percepisce come uno stimolo avversivo che non riesce a comprendere, e nel suo disagio se ne va… lasciando a noi genitori, già provati dalla solitudine di questo periodo, l’ingrato compito di riportare quella crisi ad uno stato di quiete.

Questa non è solo la situazione di mio figlio, ma quella di moltissimi alunni con disabilità.

bambino che guarda uno schermo spento

Altro strumento inutile per molti ragazzini disabili, di cui si avvale in questo momento la scuola, è la possibilità di inviare materiale “didattico”: schede contenenti esercizi più o meno strutturati.
Ma di cosa stiamo parlando? Cosa ci si illude di poter inviare a chi lavora da anni quasi esclusivamente su pregrafismi e coloritura?
Quale “utile” materiale si crede di poter inviare alla famiglia, quando nella maggior parte dei casi siamo proprio noi genitori a prepararlo e distribuirlo durante l’anno scolastico ad insegnanti ed educatori? Quando il materiale di lavoro di cui si parla è talmente semplice, che chiedere alle famiglie di scaricarlo dalle varie piattaforme significa impiegare molto più tempo che crearlo da sé, con un pennarello ed un foglio bianco?

E soprattutto… Si pensa davvero che la didattica di un ragazzo disabile si riduca a “due schede da colorare”? O questo serve solo a pulire le coscienze di chi sa bene che, in questo momento, i nostri ragazzi sono abbandonati a sé stessi e alla loro disabilità?

una mano in bianco e nero che stringe colori a cera colorati

Si accetti ciò che è impossibile e…

Nessun dubbio, quindi, che per gli alunni con una disabilità importante la didattica a distanza è inutile utopia, quando non dannosa imposizione, sia per il ragazzo che per la famiglia.
A questa proposta io ho detto “no” con forza, quando non ce ne sarebbe nemmeno dovuto essere bisogno… quando non sarebbe stato nemmeno opportuno propormelo, da parte di chi conosce la disabilità di mio figlio.

La disabilità, quasi sempre, richiede una didattica individualizzata, studiata sulle difficoltà ed i punti di forza del singolo alunno: non può rispondere a regole standardizzate a cui i ragazzi non potranno mai omologarsi, neppure volendo.

Ho accettato il fatto che nell’emergenza del contagio Covid-19 la scuola non fosse pronta a fare alcunché per mio figlio, conoscendo bene le lungaggini burocratiche, la resistenza al cambiamento dello status quo da parte degli operatori, l’ancor maggiore difficoltà organizzativa di questo periodo.
L’ho accettato, ma non lo giustifico.

ponte in bianco e nero con una transenna di divieto colorata anti covid

…e ora però si faccia qualcosa!

Questo stato di esclusione ed emarginazione è tempo che finisca.
Se nell’emergenza ognuno di noi è chiamato a titolo individuale a fare cose straordinarie, al sacrificio, a fare quello che si deve per il bene dei più, per l’inizio del prossimo anno scolastico le cose debbono cambiare.

Se la scuola non adotta scelte coraggiose, non mette in campo strategie mirate per farsi carico degli alunni disabili, si rende colpevole di discriminazione ed esclusione: una responsabilità che non può più essere celata.

Nell’emergenza, le famiglie con una disabilità si sono silenziosamente adattate alla solitudine, all’abbandono da parte dei servizi, alla sospensione delle misure di sostegno, per dedicarsi alla cura di una quotidianità che per molti è significato uno scenario domestico di violenza… situazioni che la maggior parte delle persone non può nemmeno immaginare.
Nell’emergenza, la scuola ha risposto con il vuoto.

banco di scuola con davanti pile di libri altissime

Nella fase 2 dell’emergenza, però, la scuola deve adottare anch’essa misure straordinarie: rinunciando ai “privilegi di classe”, mettendosi in gioco con ogni strumento possibile, rendendosi seriamente disponibile a fare il lavoro che ogni insegnante di sostegno ha scelto.
Se in passato gli insegnanti di sostegno sceglievano strategicamente questo percorso, come modo più agile per entrare nel mondo della scuola, in attesa di poter poi essere assegnati ad una classe “canonica”, ora sono chiamati a formarsi, a specializzarsi per le specifiche esigenze della disabilità: in quanto tali, quindi, sono chiamati a prendersi carico del loro compito e di sostenere gli alunni disabili in una didattica che, se non inclusiva in questo particolare momento storico, sia quanto meno concreta e non meramente teorica.

Tante parole, zero proposte

In queste settimane, ho interrogato molte delle figure che ruotano intorno al mondo della disabilità comprese le istituzioni scolastiche e varie associazioni per i disabili.
Sai che cosa ho trovato? Tanti bei propositi senza alcuna proposta: belle parole vuote, di quelle che si usano quando si vuol fuorviare una domanda alla quale non si ha risposta.

<<Non abbiamo ancora pensato a niente per settembre>>
<<Aspettiamo le direttive ministeriali>>
<<Ci dispiace molto, ma…>>
<<Diamoci altro tempo>>
<<Non si preoccupi, qualcosa si farà sicuramente>>

Sai, per tutta risposta, cosa hanno trovato loro da parte mia? Un muro, fermo e deciso: il muro di una madre fermamente determinata a non permettere che, per il nuovo anno scolastico, per suo figlio ci sia ancora solo e soltanto esclusione, emarginazione, abbandono.

Cosa significa per un alunno disabile sospendere la didattica

bambino in ombra davanti ad un tramonto

È opinione comune e consolidata che la scuola non possa sospendere per mesi la didattica di un alunno, senza precluderne la formazione e la crescita. Perdona la schiettezza, ma a me viene da ridere!
Per un alunno senza particolari difficoltà, ciò che non può essergli insegnato oggi, potrà esserlo agilmente domani! Nulla è perso, nulla è precluso, ma solo rimandato.
Così non è, invece, per un alunno disabile… e di questo sembra che chi si occupa della scuola se ne sia dimenticato!

Per chi ha una disabilità cognitiva, c’è un tempo di apprendimento oltre il quale la didattica intensiva e riabilitativa – alle quali non a caso vengono sottoposti con programmi serrati e studiati a tavolino – non darà più i suoi preziosi frutti.

Se è vero che non si smette mai di imparare, per i nostri ragazzi disabili questo è vero solo a metà.
Sospendere la didattica per molto tempo significa, per la maggior parte di loro, perdere l’occasione per acquisire competenze ed autonomie che non potranno essere recuperate oltre l’età di maggior apprendimento, quale quella evolutiva.

Ma vi è di più.
Qualsiasi didattica, per loro, passa necessariamente per la relazione personale, senza la quale nulla può essergli insegnato.
Non vedersi fisicamente, non avere un contatto oculare immediato, interrompe questa relazione che, una volta lasciata in stand by per un periodo di tempo medio lungo, andrà ricreata quasi ex novo, non essendo possibile riprenderla agilmente da dove si era interrotta, come di solito avverrebbe con un altro alunno.
Questo richiede altre settimane, in alcuni casi mesi: solo dopo questo recupero si può pensare di piantare il seme della didattica che ha già, in sé, tempi molto lunghi quando si parla di disabilità.

Hai idea quindi di quanto tempo prezioso sia stato gettato via per sempre da questi ragazzi? Quante opportunità riabilitative hanno già perso e ne perderanno da qui a settembre?
Ecco perché, nel tempo che abbiamo prima dell’inizio del nuovo anno scolastico, la scuola deve organizzarsi e programmare sin d’ora progetti concreti che riguardino anche e soprattutto gli alunni disabili.

parte di viso di una bambina che si intravede da una fessura

Le mie proposte

Ovviamente, se il prossimo anno scolastico si svolgesse regolarmente non si porrebbe alcun tipo di problema.
Nel caso in cui, invece, fosse ancora necessario ricorrere alla didattica a distanza per fronteggiare il Covid-19, allora ho immaginato quali potrebbero essere le soluzioni percorribili, nel rispetto sia dell’esigenza di mantenere la relazione insegnante di sostegno-alunno disabile – garantendo un minimo di continuità didattica anche per loro – sia di quella di limitare il più possibile gli spostamenti ed i contatti tra le persone.

La prima è che l’insegnante di sostegno si rechi a casa dell’alunno con un unico accesso a settimana di quattro ore. D’altra parte la scuola prevede che per comprovate esigenze di salute si possa attivare l’istruzione a domicilio: una pandemia risponde senza alcun dubbio a tale condizione.

È per trovare, comunque, un’alternativa al “muro” che mi aspetto dalla classe insegnante, che ho immaginato anche un’altra strada percorribile.
La seconda soluzione, quindi, sarebbe quella di permettere agli alunni con disabilità un ingresso a settimana nell’edificio scolastico che, in tal caso, resterebbe aperto solo ed esclusivamente per loro. Con un accesso scaglionato per giorni ed orari, magari anche pomeridiani, sarebbe agile garantire il divieto di assembramento dal momento in cui ogni alunno avrebbe un’intera aula per sé e l’insegnante.

Vi sembrano proposte impossibili, irrealizzabili o estremamente complesse da mettere in atto? A me non sembra affatto: sono, piuttosto, quanto di più ovvio e logico si possa prevedere se si vuole davvero eliminare ogni discriminazione ed esclusione verso i disabili.

murales raffigurante un sole e impronte colorate di mani

Riguardo ad esse, ovviamente, sono consapevole di inimicarmi parecchi animi, soprattutto quelli di coloro che si sono “accomodati nella propria poltrona di casa”, nascondendosi dietro un “non possiamo fare altro” o un “non è previsto dal contratto”… Per come la vedo io, non è previsto nemmeno essere pagati senza erogare alcuna prestazione lavorativa!
Allo stesso tempo, sono consapevole di dar voce però anche a quella minoranza degli insegnanti di sostegno che, isolati e messi a tacere, scalpitano invece per rendersi utili e svolgere il proprio indispensabile lavoro anche in questo particolare momento.
Se, come ho già detto, nell’emergenza tutti siamo chiamati a fare cose eccezionali, questo deve valere anche per gli insegnanti di sostegno.

Per mio figlio, ho già provveduto a formulare queste proposte quali istanze presso gli organi scolastici competenti.
Ho voluto però condividerle con te che, se vorrai, potrai abbracciarle e portarle avanti anche per tuo figlio.

Siamo soli, lo so, e siamo solo genitori: ma se ognuno di noi si muove, seppur nella propria realtà, saremo in tanti a chiedere e pretendere con forza una risposta ad un problema che, prima o poi, dovrà arrivare senza più poter essere ignorato.
Sono le piccole gocce di pioggia che erodono le montagne… sii goccia anche tu, insieme a me.

Condividi: