Anche quest’anno esco dall’estate totalmente esausta e sconfitta dall’autismo e dalla malattia di mio figlio, con uno stato emotivo deflesso, zero energie psicofisiche, la delusione nel cuore e la triste consapevolezza di dover aggiungere all’album dei ricordi una serie interminabile di giornate da dimenticare, per me e la mia famiglia.

Nessun diritto al riposo

Tutti aspettano con ansia l’estate e le ferie… tranne chi ha a che fare con una malattia o una condizione invalidante. Io non faccio eccezione.

La malattia metabolica di mio figlio Giuliano ed il derivato autismo severo ci hanno tolto anche questo: la prospettiva di godere insieme di un periodo di riposo rigenerante, foss’anche breve.

Chi vive con un disabile in famiglia sa che, diversamente dagli altri, non ha nessuna possibilità di prendersi una pausa e che, al contrario, l’estate è un vero e proprio incubo al quale sopravvivere.

un uomo in piedi in mezzo al mare al tramonto ricurvo su se stesso

L’estate con una malattia

Essere affetti da una malattia metabolica cronica come quella di mio figlio ti impone di vivere in continuo contatto con i medici e gli operatori sanitari di riferimento… e con le loro ferie.
Si ha paura di ammalarsi in estate, perché si è fin troppo consapevoli che a volte la vita o la morte dipendono anche dalla presenza o meno in ospedale di un medico che sia competente ad affrontare la particolare patologia di tuo figlio.

Certe malattie, poi, generano più sensibilità ai cambiamenti climatici, ponendo l’organismo a rischio di scompenso proprio con la stagione calda.
Se di solito sei attento e scrupolosissimo nel tenere sotto controllo la salute di tuo figlio, in estate devi esserlo ancora di più.

L’estate con l’autismo

Per chi si trova nello spettro autistico il periodo estivo è causa di forte stress.
Il cambiamento delle routine invernali, l’aumento delle temperature ed il sovraccarico sensoriale che ne deriva, una quotidianità meno scandita e più aleatoria fanno sì che si manifesti un disturbo d’ansia tale da provocare una maggiore inquietudine, aggressività, crisi di nervi, insonnia ed un aumento apparentemente incomprensibile dei comportamenti problema.

una bambina gioca con un pupazzo da curare

Questa brutta estate di Giuliano

Ho sempre pensato che mio figlio soffrisse molto il caldo, ma non essendo capace di esprimere ciò che prova né a parole né con le immagini Pecs (sistema di comunicazione per scambio di simboli), non ne ho mai avuta la certezza, fino a quest’estate.
Un caldo cocente e prolungato, quello di questi mesi, difficile da contrastare se non rintanandosi in casa con i condizionatori accesi.

Ho visto mio figlio diventare di giorno in giorno sempre più nervoso, aumentare il livello di aggressività come risposta ad ogni minima frustrazione, diventare apatico ma al tempo stesso più agitato proprio per la noia, piangere perché voleva uscire in giardino e poi piangere perché voleva rientrare in casa continuando a piangere perché non ci voleva stare, avere crisi di nervi per più giorni consecutivi senza riuscire a capirne motivo, ricominciare a farsi la pipì a letto, avere disturbi del sonno, trasformarsi in un bambino lontanissimo dal suo essere.

Poi un giorno ha vomitato. Questo ci ha portati in ospedale per i necessari controlli metabolici ed è stato allora che ho avuto la certezza che il suo organismo stava sopportando l’aumento degli acidi organici proprio per via delle alte temperature. Questo significava che anche a livello neurologico stava avendo ripercussioni negative.

Ma se con un minimo intervento farmacologico è stato possibile ristabilire il suo equilibrio organico, così non è stato per quello psicologico: Giuliano è rimasto in balia del proprio disagio per tutta l’estate.
E un bambino che ha continue crisi di nervi, oltre ad essere difficile da gestire, è anzitutto un bambino che soffre egli stesso.

disegno bianco su sfondo nero una nuvola da cui piove sopra la testa di un bambino

Questa mia estate

Ho trascorso un’estate che non si augura. Ma d’altra parte, quella scorsa non era stata molto diversa.

Di fronte all’incapacità degli educatori di trovare una soluzione allo stato d’ansia ed agitazione che stava manifestando mio figlio, inizialmente sono andata in panico.
I servizi, poi, sono sospesi ad agosto ed in questo mese io e mio marito ci siamo trovati da soli, con nostro figlio che soffriva nelle sue continue crisi di nervi… senza un aiuto, senza una strada certa da seguire per venire fuori da quella spirale di agitazione e violenza che si faceva sempre più cupa.

Ne sono uscita annientata.
Non sto a dirvi quanto il dolore fisico dei suoi morsi e graffi o le sue urla mi abbiano condizionata anche psicologicamente.
Cercavo di rimanere calma, perché so che una risposta alterata avrebbe soltanto aumentato il suo livello di aggressività… ma siamo esseri umani fallibili cui si può solo chiedere di fare del nostro meglio, anche quando questo significa perdere la pazienza per poi sentirsi in colpa.

Già… un’estate che no, non augurerei al mio peggior nemico.

ragazza seduta su un prato di foglie cadute che per metà si sta disfacendo e volando via

L’estate degli altri come noi

Cercando un confronto fuori dal mio mondo, in questo periodo mi sono continuamente imbattuta in articoli che confermavano come questo caos fosse stato comune a chi, come noi, si ritrova a vivere con l’autismo o con una condizione cognitiva compromessa.

Genitori che nei social postavano foto di lividi e graffi conseguenti ad una crisi di nervi del proprio figlio, che testimoniavano di risposte comportamentali incomprensibili e del tutto fuori controllo, come se tutte le regole di causa effetto fossero all’improvviso saltate… dove persino le tecniche Aba sembravano inutili di fronte alla potenza del loro disagio.

Cosa diamine stava succedendo? Quale sofferenza immane li portava a non rispondere a nessuna strategia comportamentale?
E noi genitori, quanto potevamo essere davvero capaci di metterle in atto con il necessario distacco, quando non ci si poteva più nemmeno sfiorare un braccio per il dolore e la pelle bruciava forte per le ferite?

una barca in mezzo al mare in tempesta

Come uscire dal labirinto

Mio marito lavora per molte ore fuori casa e, per quanto sia prezioso ed insostituibile il suo aiuto ed il suo tempo con nostro figlio quando può, sono io che nella quotidianità mi occupo di Giuliano.
Le sue ferie, perciò, sono state il momento in cui ho avuto respiro ed ho riacquistato un minimo di lucidità tanto da dire a me stessa che bisognava reagire.

Di buona lena ed insieme, quindi, abbiamo fatto un passo indietro cercando di restituire una prevedibilità a quelle reazioni di nostro figlio apparentemente impazzite, ma che dovevano avere un’origine e una risposta comportamentale.

Abbiamo osservato azioni, reazioni, antecedenti e conseguenti di ogni comportamento problema.

Abbiamo osservato i suoi momenti di calma fino a capire che in realtà celavano momenti in cui l’ansia lo stava caricando.

Abbiamo ridotto al minimo le stimolazioni sensoriali di modo da comprendere quelle che, al momento, gli creavano maggior frustrazione.

Abbiamo eliminato ogni imprevisto durante la giornata programmando nei minimi dettagli la sua agenda visiva, senza mai sgarrare: se l’agenda di Giuliano prevedeva sin dalla mattina che si sarebbe fatto una passeggiata, la si doveva fare anche se fuori avesse piovuto, a meno che fosse nostro figlio a rinunciarci.

Abbiamo risposto con fermezza ad ogni crisi di nervi e comportamento problema, senza mai cedere.

Abbiamo pianto. Abbiamo maledetto la sua malattia e l’autismo. Abbiamo odiato questa interminabile estate. Abbiamo cercato di respirare il più profondamente possibile nei momenti di rabbia o di sconforto.

Abbiamo aperto una bottiglia di vino e festeggiato ogni giornata trascorsa decentemente.

È stato in questo modo che, giorno dopo giorno, a piccoli passi, siamo riusciti ad aprire un varco in quel muro che ci divideva da nostro figlio, fino a ritrovarlo.

due lupi che guardano la luna piena
Genitori come lupi, simbolo di forza e coraggio,
con lo sguardo rivolto alla luna per ritrovare la strada che conduce al proprio figlio.

Cosa ne resta di un’estate così

Resta la stanchezza fisica e mentale, la rabbia per la solitudine in cui ci siamo ritrovati, l’impotenza di fronte a ciò che non si riesce a prevedere ed evitare, la tristezza per la troppa sofferenza sopportata… sapendo che non sarà l’ultima estate così.

Se ne esce più deboli, provati, con il bicchiere mezzo vuoto ed un po’ meno speranza per il futuro.

Eppure sorridiamo al mondo: a chi ci racconta delle proprie ferie dicendo che sono sempre poche, che ha fatto il pieno di risate, di nuove esperienze nei vari parco giochi coi figli, che ha incontrato amici e parenti, che ha goduto di pranzi all’aperto, che ha sorseggiato una birra fresca al tramonto in riva al mare mentre i figli giocavano insieme agli altri.

Sorridiamo, e cerchiamo di essere felici per loro, facendo appello ai ricordi di quando anche per noi l’estate e le ferie erano sinonimo di bei momenti… noi che neanche la notte di San Lorenzo possiamo più permetterci di esprimere un desiderio.

Cosa resta di un’estate così?
L’amore smisurato per nostro figlio finalmente tornato sereno ed allegro, desideroso di baci e solletico… ed il bisogno impellente di rimettersi subito al lavoro e far sì che la prossima sia un’estate migliore.

Il lupo: animale simbolo della forza e del coraggio. La luna: simbolo di luce e di speranza.

Per aiutare il lupo a trovare suo figlio, la luna si ingrandì in modo da poter illuminare tutto, le strade, i boshi, tutto brillava. La luce servì per ritrovare il cucciolo di lupo smarrito che stava per farsi del male.

Condividi: